«CIAO ALDO…», ZAMBRONE NEL GIORNO DEL COMMIATO
Grande commozione ai funerali del giovane scomparso
ZAMBRONE Eugenio Montale ha scritto: «La morte odora di resurrezione». E la Resurrezione è il messaggio più alto del Cristianesimo che offre ai dolori della carne e alla disperazione dei cuori un’ancora, l’unica possibile, di salvezza. Zambrone, meno di duemila anime, fa del messaggio salvifico di Gesù, il suo più solido ed antico pilastro. La devozione per il suo Patrono, uno dei più grandi della cristianità, San Carlo Borromeo, ne è l’espressione più tangibile. Per Aldo Ferraro, come per tutti gli zambronesi, questa festività rappresentava qualcosa di sacro e di speciale. Gioioso e con sincero trasporto partecipava ogni anno alla rituale processione. Un appuntamento immancabile. Perché la festa patronale concretizzava il momento più alto del connubio tra spiritualità e materialità. La prima, era data dalla devozione per il santo. La seconda, dalla calorosa vicinanza umana che si crea in occasione della festività. E’ difficile pensare che alla prossima processione patronale Aldo non ci sarà. Così com’è difficile accettare la sua assenza nella quotidianità. La sua stretta di mani era calorosa, simbolo di un’autenticità di sentimenti d’altri tempi. Il suo sorriso sornione era il preludio di una battuta sempre pronta e felice, mai fuori dalle righe. Le chiacchiere al bar, la passione per la musica calabrese, le discussioni di calcio sono gli elementi di un mondo che sembra essersi dissolto dentro una sfera nella quale l’intelletto non ha accesso. Un vuoto che solo la memoria può colmare, sia pure in misura infinitesimale. E non solo. Ci sono poi le ragioni del cuore, tanto possenti quanto gracili, che sorreggono gli animi lacerati dalla disperazione. C’è un paese attonito. La gente è ammutolita. La comunità si è stretta intorno alla sua famiglia in un silenzio a tratti irreale. E’ la forza dell’assenza che sa essere molto più corposa della presenza stessa. Eppure la fisicità mancante è un dato che nessuno riesce ad accettare. Il dolore prende il sopravvento e avvolge nella sua sfera tutto e tutti. E’ un dolore tremendo che però porta in sé una forza salvifica. La porta stretta del dolore consente, infatti, la conquista del Paradiso. Il luogo naturale delle persone buone e giuste, come Aldo. Ma su questa terra la cronaca di quel maledetto otto febbraio sovrasta ogni considerazione e, le parole dimostrano tutta la loro debolezza. Una giovane vita è stata spezzata nello svolgimento di un lavoro onesto, svolto con professionalità encomiabile. Il fatto, con il suo carico di realismo, si manifesta, ancora, con tutta la sua forza. Fatti, però, erano anche la sensibilità, la serietà e la giovialità di un lavoratore, marito, padre e cittadino esemplare che nella sua giovane esperienza esistenziale ha saputo donare molto, in termini di amore e di affetto, di amicizia e di virtù. Ma anche l’amore diventa dolore di fronte all’ineluttabilità della morte. Il grande giornalista Indro Montanelli diceva: «Non ho paura della morte, ma di morire!». Intendeva esprimere il concetto secondo cui se è vero che nessuno può evitare la morte ed è quindi inutile averne paura, è la possibilità di essere cancellati dal ricordo degli altri, di sparire dalla memoria, a causare il dolore, come avviene per un vecchio albero, apprezzato per i frutti, l’ombra e la legna, ma di cui nessuno si ricorda più quando è diventato cenere. Tutto questo non può avvenire per Aldo Ferraro per ciò che ha dato ed ha fatto e per la traccia d’affetti e di ricordi che lascia ai suoi cari e alla vasta comunità di amici di Zambrone e non solo. Ieri nella chiesa di San Carlo Borromeo, si è svolto il rito funebre; una folla enorme immaginandolo presente, ha sussurrato: «ciao Aldo…».
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora l’11 febbraio 2010, p. 36