RE MURAT E LE AUTONOMIE LOCALI
A Pizzo celebrazioni per il bicentenario dalla sua morte per fucilazione
Chi era Gioacchino Murat? Un re! Però fu un re particolare. Per vari motivi. Il primo è che divenne re non per discendenza regale ma a colpi di conquiste politiche e militari ottenute basandosi sulle sue doti personali: coraggio e tenacia. E fu un re che ebbe sempre in mente un’idea: allargare gli orizzonti politici in direzione della libertà. E in tutto ciò si avverte l’influenza della Rivoluzione del 1789. Nel suo periodo di Re di Napoli e di Sicilia avviò una politica di profonde riforme volte a chiudere definitivamente l’era del feudalesimo. Tra i vari provvedimenti anche il decreto 922/1811, con cui, fra l’altro, creò un sistema municipale d’ispirazione moderna. La celebrazione del bicentenario della morte di Murat (13 ottobre 2015) induce, pertanto, a qualche riflessione su questi due primi secoli di storia municipale. Quali sono i traguardi conseguiti? Quali gli obiettivi mancati? Come s’immagina il futuro della comunità? Ci sarà ancora spazio per l’autodeterminazione della propria storia? Per molti comuni, c’è un prima Murat e un dopo. Dopo Murat le vicende di vari comuni hanno assunto connotati propri. Ciò è valevole sotto il profilo formale, giuridico, istituzionale. Ma anche sotto quello strettamente politico. La municipalità ha offerto alla popolazione la possibilità di essere artefice del suo destino. Dopo 204 anni occorre interrogarsi su come essa abbia esercitato questa opportunità. E ciò a maggior ragione in un’epoca in cui il potere centralistico sembra perdere la capacità di orientare l’azione pubblica verso la giustizia sociale, il senso della solidarietà. La stessa epoca che segna però anche la crisi della periferia alla ricerca di una dimensione identitaria non più così certa e delineata come in passato. Come dovrebbero rapportarsi i comuni con una nuova era, fondata sulla globalizzazione, sul digitale, su un potere straripante dei grandi centri della finanza e dell’economia? Questa esperienza, si può considerare esaurita? Occorrerà superare le piccole dimensioni municipali in favore di nuovi modelli di più ampia estensione geografica ed abitativa? È questa la panacea ai mali indotti dalle distorsioni nella prassi delle autonomie locali? O piuttosto la via da seguire è di natura differente. Per cui sarà operativamente sempre più necessario avviare progetti consortili che coinvolgano territori e comunità limitrofe ma nel rispetto del bagaglio storico, umano e culturale che appartiene, appunto, a ogni comune? E se la soluzione fosse in una nuova etica, quella fondata sul senso del dovere? O su una nuova morale che abbia il suo fulcro nella responsabilità? O nella cultura, capace di offrire nuovi stimoli, interessi e valori? O nella politica restituita alla sua dimensione più alta, quella di arte del governo? Abilità, coraggio, idealità erano le principali virtù di Gioacchino Murat. Le stesse dalla quali dipenderanno le sorti dei comuni creati da Murat 204 anni fa?
Corrado L’Andolina
Pubblicazione su Il Quotidiano il 27 ottobre 2015, p. 25