l’intervento
LA POLITICA DEVE TORNARE AD ESSERE PROTAGONISTA
«Cara, non è come pensi». La fatidica frase appartiene alla letteratura cinematografica del recente passato. Essa esprimeva bene il carattere del maschio nazional-popolare: negare, negare, negare; anche l’evidenza! Anche se colto con le mani nella marmellata o meglio, con l’amante sotto le lenzuola, la parola d’ordine rimaneva: negare. L’atteggiamento denotava, però, anche un segmento di grande positività. Era dovere del maschio italico evitare qualsiasi atteggiamento remissivo. Le donne, che hanno quale prioritario obiettivo quello di emulare le abitudini dei maschietti, a partire dagli anni Settanta hanno pensato bene di seguirne le orme. E così, di fronte alle prime ipotizzate sbandate… giù, carte bollate, con avvocati-avvoltoi e mamme-iene al seguito. Parola d’ordine, anche per loro: no alla rassegnazione! E oggi? E va bene la “crisi dei valori”. D’accordissimo con la “dittatura del relativismo”. Certo, c’è una tangibile “decadenza dell’Occidente”. Ma lo “sbracamento” (come si dice in gergo popolare, un po’ volgarotto, anche se efficace) sciaguratamente, si è imposto in ogni agire, specie in quello politico. La coraggiosissima compagine di Governo, pochi mesi fa, promise l’abolizione delle Province. Dopo qualche tempo, la vicenda venne accantonata e si decise di fare piazza pulita solo tra le più insignificanti (numericamente), all’incirca, una decina. Poi, la questione venne circoscritta alle quattro o cinque più piccole. Infine, un italianissimo: dietrofront! C’è dallo sbellicarsi dal ridere. O dal piangere? Di certo, s’impone, nuovamente, un modus procedendi a tentoni, segnato da incertezze sbandamenti. E Vibo, cosa aveva pensato di fare nel frattempo? Il gesto estremo, quello che nessuno si aspetta. Addirittura, era stata ipotizzata la rinuncia a ogni indennità collegata alla rappresentanza politica. Qualcuno, certamente, alla paventata ipotesi, non avrà gioito. Ma ormai, visti gli sviluppi della vicenda, l’idea è superata; bisogna andare avanti, si spera, non più come prima. La rassegnazione cha ha sfiorato, per brevi attimi, la classe politica locale, è davvero ben poca cosa rispetto a quella offerta dalle massime autorità legislative. Dopo l’inaudita pressione psicologica, che si è registrata nei giorni scorsi, la politica locale, cambierà percorso? Il futuro sarà ancora costellato da nuove assunzioni, mantenimento di impiegati «fannulloni», uffici inutili, creazioni di sub enti, eccetera, eccetera? E’ lecito attendersi un cambio di rotta? E poi, i meccanismi di elezione diretta dei capi degli enti locali (sindaci, presidenti di provincia e regione) rispetto al recente passato, hanno elevato il tasso qualitativo della classe politica locale? O è proprio la cultura del sindaco-forte, del presidente-forte che ha impoverito il dibattito politico? E a livello nazionale, quale requisito è richiesto per essere eletti al Parlamento, se non quello della fedeltà rispetto a chi ha potere di nomina di senatori e deputati? A quando una riflessione approfondita sull’argomento? E soprattutto, a quando una riforma organica della materia? Bisogna ribellarsi alla cultura della rassegnazione e della decadenza. Si inizi con le cose di tutti i giorni e poi si passi alla politica. Qualcosa di buono si potrà già fare sin dalle prossime elezioni provinciali. Urge, specie a Vibo Valentia, organizzare una lista anti-dejà vu. Rigorosamente bipartisan!
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 13 giugno 2010, p. 32