IL NEORALISMO DI RAF VALLONE
Quando mi è stato proposto di svolgere il ruolo di “esperta” nel progetto realizzato dall’Istituto comprensivo di Tropea e incentrato sulla figura di Raf Vallone, mi sono preoccupata, innanzitutto, in qualità di pedagogista, di individuare le opportunità formative che esso avrebbe potuto offrire ai ragazzi che ne sarebbero stati coinvolti. Raf Vallone fu uno degli attori più rappresentativi del cinema neorealista. Il mio primo obiettivo è stato, quindi, quello di accompagnare i ragazzi alla scoperta di quel periodo d’oro del cinema italiano rappresentato proprio dal movimento neorealista. E, per certi aspetti, questo ha consentito di anticipare per alcuni di loro e approfondire per altri, con l’aiuto delle loro insegnanti contenuti di storia che fanno parte, tra l’altro, del programma ministeriale. Una prima opportunità, dunque, è stata quella di proporre ai ragazzi un originale approccio allo studio della storia, che li ha incuriositi e coinvolti. Il cinema, infatti, pone al centro l’immaginario, la sfera emotiva degli individui e, dunque, proprio per questa sua natura è in grado di produrre un profonda “partecipazione”, fattore che facilita notevolmente l’apprendimento. Quello che, però, si è rivelata un’autentica “miniera pedagogica”, è stata la biografia di Raf Vallone. E, su di essa, molto mi sono soffermata nel corso degli incontri con i ragazzi. La sua vita: un autentico romanzo poetico ricco di insegnamenti e di speranza! Un romanzo che si frammenta in mille storie, vissute tutte da protagonista (la carriera di calciatore, l’avventurosa esperienza da partigiano, l’appassionato lavoro da giornalista, la lunghissima e brillante carriera di attore); mille storie, che producono svariati riflessi come in una galleria di specchi che, però ritrovano unità nella forza della sua personalità, del suo carattere, ricco di intelligenza, di cultura, di forza di volontà, di eticità. Era affascinante e amabile, capace di vivere con grazia, eleganza, le sue relazioni umane, si trattasse di personaggi di calibro come Arthur Miller, Marlene Dietrich, Pier Paolo Pasolini, Charles Chaplin, Maria Callas, Coco Chanel, ma anche dei pescatori di Tropea che lo chiamavano “u smaniu”, per l’ardore con cui sfidava il mare, o dei pastori di Fondi, dove vennero realizzate le riprese di “Non c’è pace tra gli ulivi”(De Santis), i quali si erano convinti che fosse davvero Francesco Dominaci! Grazia ed eleganza, che derivavano dalla sua capacità di fiducia e di meraviglia, di rispetto nei confronti dell’umanità. Questo eccesso di doti, forse, aveva come unico correttivo, una sorta di romantica leggerezza, di senso dell’umorismo che lo portava ad assumere spesso e, in diverse situazioni, un atteggiamento dissacrante, come quando in un elegante ricevimento in una finca spagnola spostò la sedia a una delle ospiti, facendola cadere per terra o, quando mandò in crisi Richard Burton, convincendolo che nella sua interpretazione mancava una battuta di Shakespeare importante per il personaggio di Antonio. Burton si rilesse il testo scespiriano, ma non trovò mai quella battuta… Era uno scherzo con il quale Raf Vallone si era guadagnato l’odio dell’attore! Non ho, poi, resistito alla tentazione di incoraggiare i ragazzi a ricercare nel lungo e affascinante percorso della sua esistenza, tracce della sua “calabresità”, della sua appartenenza a questa terra: la sua ostinazione, il rifiuto costante a piegarsi ai compromessi, il senso della lealtà e della giustizia, l’amore e il rispetto per la natura, il senso della famiglia, dell’amicizia, il senso del destino, la sua capacità di tesaurizzare l’esperienza, l’orgoglio. Nella molteplicità delle sue esperienze, Raf Vallone ha conservato una sorta di fedeltà alle sue origini e nelle rievocazioni dei suggestivi paesaggi della sua Tropea, si ritrova qualcosa di religioso, tra la poesia e un alto e profondo senso di appartenenza. Il fascino seduttivo di Raf Vallone ha colpito ancora, conquistando questi ragazzi che avevano sentito il suo nome pronunciato dai nonni, o avevano visto il suo bel viso in fotografie che ci sono ancora in alcuni locali di Tropea, e che adesso lo conoscono, nella sua straordinarietà di attore e, soprattutto nella sua ricchezza umana, riscoprendo con fierezza un grande calabrese un tropeano di cui essere orgogliosi. Molti ragazzi mi hanno chiesto, pieni di meraviglia «ma come ha potuto fare così tante cose e bene?». La risposta a questa domanda è dello stesso attore quando, nella sua biografia “Alfabeto della memoria” scrive: «Chi non è un idiota sente sempre la necessità di progredire, di avanzare».
Olga L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 2 giugno 2010, p. 37