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Zambrone lambita dai moti di Masaniello
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Pillole di storia
Zambrone lambita dai moti di Masaniello
Secondo lo storico Giuseppe Grasso la rivolta del 1647-1648 è dettata da un intreccio socio-politico-economico. Il quadro internazionale era tutt’altro che rassicurante, la guerra dei Trent’anni non era ancora terminata. La pressione fiscale era insopportabile. Lo scontro città-province raggiungeva picchi mai visti. Lo strapotere feudale diventava sempre più greve e insostenibile. Intorno alla ribellione popolare che trovò il suo rappresentante nel pescivendolo napoletano, vi confluirono elementi del baronaggio meno titolato, la nobiltà cittadina, rappresentanti della piccola borghesia. E’ proprio da queste forze che avanzarono le prime istanze autonomiste da un sistema corporativo e centralizzato, oppressivo e totalizzante, inefficiente e iniquo. Ma la cosiddetta “Rivolta di Masaniello” oscillò su due precise direttrici: la spontaneità assoluta e una regia deter-minata a conseguire fini ben precisi. Michele Baldacchini con la sua “Storia napoletana dell’anno 1647” fece poi un ritratto di Masaniello tipicamente romantico e dai tratti classicheggianti. E’ l’apoteosi dell’eroe popolare e del suo tragico destino, ritratto come figura capace di infiammare le folle, simpatico, generoso, dotato di eloquenza spigliata. Tuttavia, rimangono irrisolte le questioni attinenti alla reale funzione che egli svolse nel contesto politico contemporaneo. Le ripercussioni dei moti partenopei non tardarono a giungere anche a Tropea e dintorni. Leonardo Drago, ritornato nel suo paese d’origine, Parghelia, incitò i suoi concittadini e quelli del paesi vicini a ribellarsi alla nobiltà tropeana, detentrice, fino ad allora del potere assoluto. In quegli anni, infatti, i “Casali” di Tropea erano ben ventitre: Parghelia, Alafito, Zaccanopoli, Fitili, Daffinacello, Daffinà, San Giovanni, Drapia, Gasponi, Santa Domenica, Ciaramiti, Brattirò, Caridi, Canciadi, Spilinga, Panaia, Lampazzoni, Barbalaconi, Ricadi, Orsigliadi, Brivadi, San Nicolò e Zambrone. Il conte Ounatte, all’epoca Vicerè, inviò a Tropea, quale suo vicario Francesco Caraffa che sconfisse i ribelli, i quali, fino a quel momento erano stati indomiti e coraggiosi resistenti contro le truppe organizzate dall’aristocrazia tropeana. La sorte più difficile toccò proprio a Parghelia. Molti dei ribelli subirono il carcere o l’esilio. A giudizio dello storico Villari, il fallimento della “Rivolta di Masaniello” e, di conseguenza, anche di quelle immediatamente successive ispirate dall’eroe popolare napoletano, costituì una grande occasione persa per tutto il Mezzogiorno. Se il processo di rinnovamento degli assetti socio-politici avesse avuto esito positivo, il Sud avrebbe potuto inserirsi, infatti, in una progettualità storica di ampio respiro.
Pubblicato su Cronache Aramonesi, settembre 2008, anno IV, n. 4
Associazione culturale Aramoni - Storia e tradizioni del popolo di Zambrone
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