Disservizi
ZUNGRI, NULLA DI FATTO PER LA “CLASSE DEI 32”
ZUNGRI Fumata nera! L’incontro dello scorso venerdì tra i genitori degli alunni della prima classe, scuola secondaria di primo grado e il coordinatore scolastico provinciale, Vito Primerano, non ha sortito alcun effetto. E così, i trentadue allievi zungresi dovranno continuare a svolgere le lezioni stipati in un’aula improvvisata per la bisogna. Nonostante le numerose sollecitazioni, sembrerebbe che per gli studenti del piccolo centro sito alle pendici del Poro non vi sia via d’uscita. I solerti funzionari napoleonici, della cui cultura è intrisa la burocrazia (e la politica) di casa nostra, avrebbero esclamato: «Rien à faire» (niente da fare). Nel Belpaese, l’adagio popolare: «Fatta la legge, trovato l’inganno» rappresenta un vero e proprio dogma; ma il caso di specie sembra l’eccezione che conferma la regola. Tre sono i punti sui quali si fondano le richieste genitoriali. Il primo: l’inopportunità didattica di mantenere una classe con ben trentadue ragazzi. Il secondo: l’esistenza di un’aula improvvisata, che per la sua conformazione allenta la capacità di concentrazione degli studenti. Il terzo: il superamento del numero massimo di alunni previsto dalla legge per ogni classe. Su quest’ultima argomentazione vale la pena focalizzare l’attenzione. Con una nota di qualche giorno fa il sindaco di Zungri, Francesco Galati, ha sottolineato come «un’aula non potrebbe superare il limite massimo di trenta alunni». Nella fattispecie gli allievi sono trentadue, ergo… E allora, le mamme e i papà interessati alla vicenda, unanimemente si pongono il seguente quesito: «Ma che senso ha organizzare dieci, cento, mille, dieci mila… progetti scolastici sulla legalità, se poi, si creano classi di trentadue alunni?». Davvero complicato dare al quesito una risposta coerente. Le motivazioni date dalle istituzioni scolastiche, carenza di fondi per mantenere lo sdoppiamento della classe e impossibilità di variazioni dell’organico ad anno scolastico ormai avviato, non fanno una grinza e sono certamente fondate e legittime. Il diritto allo studio, però, nella sua effettività, è tutelato dal corpus costituzionale italiano. Poiché, quindi, la Carta costituzionale nella gerarchia delle fonti normative è assisa sul gradino più alto, tutte le altre disposizioni dovrebbero adeguarsi ad essa. L’articolo tre della Costituzione, non lascia molti margini di interpretazione: «E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». E’ la «Repubblica»… pertanto, che ha l’onere di individuare una soddisfacente soluzione.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 20 settembre 2009, p. 28