ZAMBRONE, ESPERIENZA POSITIVA PER IL LABORATORIO DI
DANZE ETNICHE CALABRESI
Zambrone
Le tre giornate del Laboratorio di danze tradizionali calabresi si sono concluse il 2 agosto ed hanno registrato un buon successo di pubblico. Il Laboratorio aveva lo scopo di introdurre al mondo della tarantella nelle sue forme principali e delle relazioni che, attraverso la danza, si esprimono. Il seminario è stato organizzato dal Centro studi umanistici e scientifici Aramoni in collaborazione con il trio Nagrù (Nessuna Alterazione Geneticamente Riscontrata Unicamentepopolare). Il trio di musica popolare calabrese, composto da Nando Brusco, Oreste Forestieri e Biagio Accardi, è nato nel 2007 ed ha già partecipato ad eventi di grande prestigio. In questi anni, il trio si è distinto per la passione e l’energia con cui si impegna non solo a diffondere, ma soprattutto a riscoprire, studiare, approfondire la conoscenza della danza e della musica tradizionale. Nando Brusco, ballerino, musicista e studioso delle danze popolari calabresi, nelle prime due giornate del Laboratorio ha condotto i partecipanti verso i passi base e le figure più semplici, insistendo sulla necessità di capire e vivere, più che imparare meccanicamente, la danza. Il ballo al quale sono stati introdotti è una danza viva, espressione della corporeità, delle dinamiche sociali, sempre soggetta a cambiamento, a rinegoziazione, a discussione. Ecco perché, come dice Brusco, non si può parlare di “tarantella”, ma è necessario parlare di “tarantelle” diverse fra loro per stili e ritmi e raggruppate in due macroaree d’influenza e in due forme principali, la Viddhaneddha e la Pastorale, rispettivamente del sud e del nord, della zona del Pollino. A queste due forme vanno poi aggiunte le varianti territoriali, temporali, le innovazioni che ciascun gruppo apporta a queste forme coreutiche. Le prime movenze, quindi, sono state dedicate al concetto di danza tradizionale, ai passi-base e alle figure più complesse, ma soprattutto a esercizi di riappropriazione del corpo, di sua armonizzazione al ritmo, alla musica. Il corpo cessa di essere un ostacolo e diviene strumento e mezzo preferenziale di comunicazione non-verbale, di espressione di sé e del rapporto con gli altri. Sono state introdotte le dinamiche sociali che sottendono alle danze, con le figure del Mastru d’abballu che orchestra la danza e armonizza i movimenti dei ballerini, e gli atteggiamenti degli uomini e delle donne, il loro modo di rapportarsi allo spazio sacro della danza. Così i partecipanti, tra l’altro di ogni fascia d’età e provenienti da diverse parti d’Italia, si sono confrontati fra loro, senza inibizioni, al suono del tamburello di Brusco, che li incitava a lasciarsi andare, a liberarsi della paura e dell’imbarazzo, a godere dell’energia comunicativa dei passi di danza, delle figure, poiché la danza «è vita, gioia e libertà». L’ultima lezione ha visto il trio riunito esibirsi per i partecipanti, cantando e suonando diversi strumenti tradizionali, fra i quali il tamburello, la zampogna, la pipita e la chitarra. Nel cortiletto del Centro sociale di Zambrone, ha suonato e cantato diverse Viddhaneddhe e Pastorali, mentre tutt’intorno si danzava e si alternavano l’energia e la vitalità delle prime con i passi lenti e ipnotici delle seconde. Dopo il breve percorso di “addomesticamento” del corpo e apprendimento della danza, i più timidi sono divenuti audaci e hanno trascinato tutti con il loro entusiasmo. Tutti hanno ballato con tutti, adulti e bambini, facendo del ballo un’occasione unica di socializzazione e divertimento, soprattutto grazie agli insegnamenti del trio, che nell’esecuzione dei canti tradizionali ha mostrato entusiasmo e passione trascinanti. L’esperienza del Laboratorio è stata apprezzata non solo per il suo indubbio valore educativo, ma anche perché ha fornito un’occasione di incontro e interscambio culturale e di ritorno alla comunicazione pura e immediata dei corpi che danzano. In questa cultura dei corpi-immagine, della necessità di adeguarsi a modelli imposti da altri, la danza ha permesso di riscoprire nuovi canali di incontro in un rituale nel quale, al suono dei tamburelli e delle zampogne, l’ordine sociale allenta la morsa e più intensamente gli uomini comunicano, si comprendono, accorciano per un momento le distanze al grido di «Simu tutti calabrisi!».
Eleonora Lorenzo