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Il mulino della famiglia Giannini
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I mulini
Il mulino della famiglia Giannini
Nelle vicinanze di San Giovanni, in fondo ad una vallata, esattamente in località Gatto, ci sono i ruderi del mulino ad acqua che apparteneva a mio padre, Giannini Antonio, il quale lo aveva ereditato da mio nonno. Mio padre, però, emigrò molto presto in Argentina e così il mulino venne gestito da mio zio, Grasso Domenico, che trovò sempre un valido aiuto in suo fratello Vincenzo. Le donne davano anche una mano perché il lavoro non mancava. Il pane, d’altra parte, a quei tempi, era l’alimento più importante nella vita dell'uomo. Il nostro mulino, costruito nel 1800, servì la popolazione del paese e dintorni fino al 1959, quando moderni impianti elettrici, aperti a Zungri, sostituirono i vecchi mulini ad acqua. Così sia il nostro mulino che quelli che si trovavano lungo la strada che porta a Zambrone, cessarono la loro attività e quasi tutti sono ormai dei ruderi, che si distinguono appena, tra le erbacce di alcune vallate. Anche il mio mulino stava facendo la stessa fine e in cuor mio soffrivo perché sapevo che, sicuramente, i miei antenati non potevano essere contenti. Qualche tempo fa, per mia grande fortuna, sono venuti a trovarmi i bambini della scuola elementare di San Giovanni e il loro interesse per il mulino era così tanto che ha risvegliato in me antichi sentimenti verso quella struttura alla quale io e i miei familiari avevamo dedicato tutta la nostra vita. Mio marito, avendo capito quale fosse il mio desiderio, si è messo a pulire, per giorni e giorni. Ha fatto, veramente un duro lavoro ma adesso siamo felici perché è diventato un piccolo monumento. Vengono a visitarlo le persone del paese e, ogni tanto, spunta anche gente di fuori. Ciò che rimane del mulino è sufficiente per poter capire il suo funzionamento:
L’acqua, proveniente dalla sorgente “Le valli” veniva incanalata in una condotta e la sua spinta metteva in movimento una ruota di ferro;
La ruota faceva muovere gli ingranaggi che trasmettevano il movimento alle macine, costruite in pietre;
La macina superiore, girando su quella inferiore, che era fissa, frantumava il grano che era contenuto in un recipiente di legno, a imbuto;
Il grano polverizzato e trasformato in farina, dallo sfregamento delle macine, fuoriusciva e veniva raccolto dal mugnaio nei sacchi.
Ricordo che mio zio, poi, con i suoi abiti candidi, le mani e il viso coperti da una sottile polvere bianca, in compagnia del suo asinello, andava in giro per i paesi vicini: consegnava la farina, casa per casa e ritirava il grano da macinare. La maggior parte degli abitanti di San Giovanni portava, personalmente, il grano al mulino: "le donne in testa e gli uomini in spalla"! Alla consegna, la gente pagava in nature, con una parte di farina in base alla quantità di grano macinato. Quello del mugnaio era un lavoro molto duro, pieno di preoccupazioni per i continui guasti all'impianto e di sacrifici perché poteva godere solo di poche ore di sonno. Stava sul luogo di lavoro notte e giorno e cercava di dormire, anche quando l'impianto era in funzione, in un lettino collocato lungo una parete dello stesso mulino. Il rumore delle macine, forse, era, per lui, una dolce ninna nanna perché voleva dire “lavoro” ma il suo orecchio era sempre vigile... pronto ad avvertire anche il più piccolo inconveniente. Se si considera, poi, che l'edificio era una piccola struttura appena sufficiente a contenere le macine, gli attrezzi per la manutenzione, il grano e la farina e che quindi, era pure difficile muoversi da una parte all'altra, è proprio il caso di dire... quanti sacrifici per quel “tozzo” di pane!
Testimonianza di Gerarda Giannini
Associazione culturale Aramoni - Storia e tradizioni del popolo di Zambrone
frazione San Giovanni, Viale Antonio Gramsci numero 3 - 89867 Zambrone (VV) - Italia