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Intervento di Corrado L'Andolina
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San Giovanni
Intervento di Corrado L'Andolina
Un caro saluto a tutti ed un ben ritrovati nella Casa del Signore!
Aggiungerei: finalmente! E non per riprendere una polemica, ormai superata, sui ritardi o per distribuire riconoscimenti e rimproveri!
Direi: finalmente! Con intenti e volontà costruttivi e compiaciuti, per esprimere, da cittadino che vive e lavora a San Giovanni, la soddisfazione di ritrovare finalmente unito tutto il paese nella "sua" chiesa! Perché questa è veramente la "sua" chiesa, per la continua ed ostinata volontà di "vederla", di "ritrovarla" e, in qualche misura, di tornare a sentirsi padroni della propria identità religiosa ed umana. La gente che vive in un paese, specialmente se piccolo, ha bisogno della chiesa; ne ha bisogno chi in chiesa si reca tutti i giorni o tutte le domeniche e ne ha bisogno chi ci entra saltuariamente o raramente. La chiesa segna, infatti, per tutti, credenti e non, come pochi altri elementi, il valore dell'identità collettiva, ne costituisce il collante umano e civile, ne rappresenta l'inconfondibile appartenenza, ne sottolinea le specificità culturali, specialmente laddove, come a San Giovanni, non esistono molti fattori unificanti di esse e non si ritrovano troppe opportunità per custodirle, valorizzarle, apprezzarle e tramandarle integre alle generazioni successive. Queste, secondo me, sono in sostanza, le ragioni per le quali il paese aveva bisogno della sua chiesa…e perché quelle specificità, che poi coincidono con il nostro senso religioso, con il bisogno collettivo di essere insieme in qualcosa, di pensarla tutti allo stesso modo in certi momenti, di apprezzare e ricordare le cose belle ed importanti della vita (il battesimo, il matrimonio, la festa di Santa Marina e persino le funzioni per i defunti!) con lo stesso atteggiamento, qui correvano il rischio di disperdersi, annullando proprio il senso di ciò che la pratica religiosa comporta nel cuore e nella coscienza della gente: la funzione unificante del cristianesimo, la gioia di guardare tutti con un sorriso la sposa nel suo abito bianco, la tenerezza che ci incute il vagito del bambino al fonte battesimale, persino, se vogliamo, il rispetto ineludibile di fronte alla solennità della funzione funebre.
Ecco: questi momenti, che accompagnano il percorso umano di ciascuno di noi, a San Giovanni correvano il rischio di essere soltanto un ricordo e l'unico momento di sintesi religiosa e di incontro umano, nella fede di Cristo, è stato per tanti anni, quello che era possibile realizzare nella cappella cimiteriale, unica struttura che, nonostante fosse destinata ad altri scopi, ha finito con il diventare l'unico momento di preghiera e di raccoglimento. E meno male che qualcuno, in passato, ha pensato anche ai morti provvedendo a dotare il paese di un cimitero dignitoso nel quale rispetto per i defunti e per i vivi si concretizzassero anche attraverso quella cappelletta che sarebbe diventata poi così importante in un momento difficile della vita sociale della nostra comunità.
Voglio dire che anche la nostra storia, intendo il nostro essere e stare nel tempo, partecipando ai valori della comunità regionale e nazionale, correvano il rischio di indebolirsi in assenza di una struttura che, come la chiesa, ne sintetizzasse e ne esprimesse aspirazioni e ricerche, opportunità e bisogni di manifestare la propria fede nel proprio tempo…
Ma questa è una comunità abituata a discutere e ad agire, che nei momenti importanti riesce a ritrovarsi e a realizzare con determinazione ed intelligenza i propri obiettivi. I più anziani ricorderanno (a me lo hanno raccontato vecchi sangiovannesi!) con quale determinazione -e con qualche rischio personale - a metà degli anni cinquanta non ci furono molte esitazioni, avendo perso la pazienza per le lungaggini burocratiche, i rinvii e le promesse non mantenute, a svuotare la vecchia chiesa nelle baracche delle sacre icone e dei sacri arredi e creare, tutti d'accordo, con metodi forse un tantino criticabili, le condizioni perché si costruisse una nuova chiesa, la stessa che sorgeva su questo terreno prima di questa!
Non è mia intenzione esprimere giudizi (tanto più che faccio l'avvocato!)ma ritrovo in quel vecchio episodio, di cui i più giovani non hanno forse neppure memoria, le stesse motivazioni di oggi: una ricerca ostinata e coerente della propria identità religiosa e la volontà di realizzarla in una struttura che ne esprimesse e ne rispettasse i valori alti e nobili, forti e puliti e desse a tutti la possibilità di sentirsi parte viva di una comunità che combatte per sfuggire all'isolamento e per liberarsi dai condizionamenti che ne riducono le potenzialità come popolo, le manifestazioni come individui.
Per molto tempo non abbiamo sentito il rintocco delle campane a S.Giovanni! E' stata, questa, a mio avviso, la conseguenza più triste determinata dalla mancanza della chiesa in questo paese.
Il suono delle campane è come la voce della mamma, impari a riconoscerla sin dai primi giorni di vita, e come la voce della mamma ti segue nei tuoi primi passi, ti accompagna, ti accudisce, e sin dai primi giorni ti dà certezza e fiducia, così il suono delle campane del tuo paese ti si imprime nella mente, si fa inconfondibile e diventa parte di te stesso e ti entra nella mente perché si stabilisce prima e per sempre nel tuo cuore, diventa parte integrante della tua umanità e lo porti per sempre con te dovunque andrai…se domandi ad un concittadino emigrato in Argentina che cosa ricorda del suo paese, anche dopo cinquanta anni, risponderà: il suono delle campane! E se un vecchio che abbia perso la memoria e smarrito il senso della realtà riascolta il suono delle sue campane ti accorgi che riemerge alla vita e sorride…c'è una specie di magia in quel suono, che ha dettato versi stupendi a poeti come Garcia Lorca e Giovanni Pascoli. E' una magia fatta di stupore e di tenerezza, di raccoglimento e memorie, di ritorno al passato e di affetti riscoperti, ritrovati, riamati, che sentivi dentro di te ma che solo la magia dei rintocchi fa riaffiorare con dolcezza e prepotenza…"una campana serena crocifissa nel suo ritmo delinea il mattino in una parrucca di nebbia e fiumi di lacrime" racconta Garcia Lorca e vuole esprimere l'intensità del dolore umano e dello smarrimento dell'individuo e il potere rasserenante della campana, cioè della fede, del pensiero di Dio. E ancora, per Giovanni Pascoli, si confondono con la voce della madre morta da tanti anni e diventano riposo, serenità, segnale di un trapasso che gliela farà ritrovare e riabbracciare…
Ma anche per chi non ha la sensibilità dei poeti e la facondia descrittiva e lucida di un Manzoni, anche per noi comuni mortali il suono delle campane rappresenta la più dolce e poetica espressione della nostra identità, perché ci riporta indietro nel tempo, ci fa rivivere la nostra infanzia e ci riporta alla memoria ed al cuore i nostri cari scomparsi, i nostri amici perduti, le persone che ci hanno seguito ed assistito e che abbiamo perso nella visibilità e nella concretezza dello sguardo e che solo quella "magia" di cui parlavo ci fa rivivere come sogno che diventa realtà o forse come realtà si trasforma in sogno, che ci culla, ci sommerge, infine ci aiuta a sopportare, a comprendere, a vivere.
Ecco perché la chiesa è importante per tutti e non se ne può fare a meno…che ci si rechi tutti i giorni o ci si vada raramente è importante come manifestazione della propria interiorità e della propria fede. Ma essa c'è! Ci deve essere! Deve essere grande e ben visibile, deve costituire il simbolo dell'unità, deve rappresentare la volontà di ritrovarsi tutti e comunque in qualcosa più grande di noi, e più bello e più ricco di contenuti e di valori, di significati e di attese grandi e infinite come il tempo…questo io penso sia, per tutte le religioni e in tutto il mondo, il valore dei simboli religiosi e per questo, probabilmente, proprio quei simboli sono i primi ad essere attaccati e distrutti laddove la prevaricazione e la violenza, il fanatismo e l'ostracismo diventano strumenti dell'offesa alla dignità ed all'umanità degli individui…
Per questo la chiesa è sede e guida della gente, simbolo di sacrificio e di pace, di speranza e di amore.
Ed ecco perché, all'inizio di questo mio breve intervento ho detto "finalmente!", come parola di pace e sospiro di sollievo, momento di riconciliazione e di fiducia nel futuro di questa comunità, nella sua civiltà, nel suo senso del lavoro e nella sua volontà di bene e di pace.
Per questo con il nostro Vescovo credo che debbano essere ringraziati tutti coloro che hanno contribuito a restituirci tutto questo, il Comune, la Provincia, la Regione e le persone che le rappresentano (anche se non so se a tutti si è pensato per questa inaugurazione), così come vanno ringraziati e lo dico con convinzione, le maestranze, tutte o quasi tutte di San Giovanni, che hanno lavorato alla fabbrica e si sono impegnate e hanno compiuto il loro dovere con sacrificio e nella convinzione di dare un contributo per un'opera importante che durerà nel tempo e custodirà l'identità e la fede della nostra comunità. Un grazie davvero a tutti e l'auspicio che questa chiesa sia ispiratrice di concordia e di serenità per tutti e perché tutti si possa dire, con il poeta: "La neve si scioglierà quando verrà la morte?
O avremo altra neve e altre rose più perfette?
Sarò con noi la pace come c'insegna Cristo?
O forse il problema non sarà mai risolto?"
E tutti potremo rispondere: sì la neve si scioglierà e il freddo sparirà, la pace sarà con noi e Cristo governerà il nostro cuore!
Associazione culturale Aramoni - Storia e tradizioni del popolo di Zambrone
frazione San Giovanni, Viale Antonio Gramsci numero 3 - 89867 Zambrone (VV) - Italia