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Anno 2009
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Pacche, pacchi, pecche... picche
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Editoriale
Pacche, pacchi, pecche... picche
Di questi tempi, occorre stare all’erta. Specie se all’altezza del collo dell’omero ci sono avvitati sei bulloni o se una staffa tiene stirati i tendini vicini alla cuffia dei rotatori o, ancora, se si soffre di artrite. La famigerata pacca sulla spalla, infatti, è in agguato. Ce n’è per tutti i gusti. Pacche di benvenuto e commiato, istintive e meditate, cupe e solari. In ogni caso, la preda predestinata è l’elettore, il quale a sua volta, reagisce brandendo la sua formidabile arma come se fosse l’ultimo legionario romano. Il voto, infatti, è custodito, più o meno, con la stessa intensità con la quale verrebbe sorvegliato il Santo Graal. Almeno fin quando non arriva qualche pacco. E qui, naturalmente, il discorso rimanda per un attimo al noto programma condotto da Max Giusti. «E vallo ad indovinare quale sia il pacco giusto». E’ il ricorrente pensiero del dominus incontrastato del momento, l’elettore. Da queste parti, di pacchi doni ne facevano largo uso i politici d’antan, tanto da dare origine alla leggenda metropolitana delle due scarpe: una consegnata prima e l’altra dopo le elezioni. Ma i tempi cambiano e l’invasione commerciale cinese consente un cambio di scarpe al giorno. E allora la vicenda ha assunto contorni più intriganti. Pacchi scarni o ridicoli, innocenti o pericolosi, quasi sempre confezionati su misura. Di norma essi vengono recapitati a casa da personalità contraddistinte da facce lugubri. E’ il nuovo look dei politici vibonesi, della serie: «Stiamo lavorando per voi». Al confronto, il senatore o l’onorevole della tanto vituperata “Prima repubblica”, rispetto a certe nuove leve della politica locale d’oggi, appaiono come dei fricchettoni! E’ la pecca della seriosità. Del tipo: «L’Europa ha bisogno di noi e noi abbiamo bisogno dell’Europa». Come si fa a tradurre in lettere una sonora pernacchia? Oppure: «I nuovi processi di globalizzazione accresceranno il ruolo di entità sovranazionali quali quella europea». Cos’è una nuova terapia per chi soffre d’insonnia? Il quadro socio-elettoralistico muta radicalmente laddove si è in presenza delle elezioni comunali. Le pacche s’intensificano a dismisura. I pacchi rifilati alla più che consapevole cittadinanza, tanto sono vuoti quanto più pesano. Le pecche, dettagli insignificanti: clima lievemente turbato, accesi dibattiti di alto lignaggio contenutistico e pluralismo politico... Il grande Totò avrebbe sentenziato: «Quisquiglie». D’altro canto risulta unanimemente condivisa l’idea che la giostra elettiva debba proseguire: «Lo spettacolo deve andare avanti». Tipica espressione che segue a una tragedia. Per pensare, riflettere, cambiare, c’è sempre tempo. Ormai è giunta l’ora di dimostrare che il potente assessore ai Lavori pubblici del ridente paesino dell’entroterra dispone di ben cinquanta voti di preferenza e che il super sindaco di quello limitrofo, alle elezioni europee ha fatto incetta di voti: ne ha totalizzato per il suo candidato, che probabilmente non ha mai sentito nominare, più di trecento. Poi c’è chi sgomita per avere un posto al sole. Ad esempio, diventare niente meno che vicepresidente del consiglio di un comune con meno di duemila anime. E’ il preludio verso tutto ciò che accadrà alla prossima tornata elettorale, allorquando, però, le pacche rischieranno di degenerare in sberle, i pacchi peseranno come una trave di cemento armato e le pecche saranno voragini simili a quelle causate dal vulcano Kilauea. E se per una volta, gli elettori vibonesi rispondessero… picche?
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora l’1 giugno 2009, p. 20
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