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Anno 2009
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Tarantella rurale nel villaggio... globale
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Tamburello festival 2009
Tarantella rurale nel villaggio... globale
Venivano da Rombiolo, Calimera, Francica, Cessaniti, arruolate da caporali di giornata e stipate su decrepite Fiat 615 o su malandati “Leoncini” di terza o quarta mano, erano fatte scendere davanti al frantoio elettrico di via della Vittoria e da lì smistate verso le ante di rispettiva competenza. Le attendeva una giornata di lavoro duro, 10-12 ore chine sui campi di cipolla rossa. Estraevano i bulbi, li pulivano, li ammucchiavano, li stipavano nei cesti di salice bianco sovrastati da un di coperchio legato da un sottile cordame di saracchio, e infine a due a due li caricavano sui fianchi degli asini che scendevano lenti, in fila indiana, verso il punto di raccolta. Erano le femmine della cipolla. Giovani e anziane, alcune quasi bambine da scuola dell’obbligo. I volti cotti dal sole, le mani callose, molte scalze, occhi scuri, vivaci, diffidenti. Pochi sorrisi, alcune cantavano Vola, colomba e Son tutte belle le mamme del mondo, le meno giovani apparivano contrariate e abbozzavano i primi versi di un canto popolare: Oh quantu è bellu l’occhiu di lu suli/ chi di nissunu si dassa guardari/ e cu lu guarda prestu l’occhi chiudi… E le giovani zittivano per rispetto ma con malcelata irritazione. Erano le lavoratrici giornaliere che davano impulso all’economia del dopoguerra accettando la logica dello sfruttamento in nome del bisogno e del futuro. Erano anche il simbolo della Calabria che rinasceva e muoveva i primi passi verso una consapevolezza di sé che, tuttavia, si tentava di comprimere ancora negli arcaici schemi chiusi nel rapporto padrone-lavoratore, sfruttatore-sfruttato. Il canto era il primo sintomo di una ribellione dello spirito.
Non si contestavano le nenie e le leggendarie cantiche della tradizione ma la radio portava la modernità, le canzoni dei primi festival di Sanremo, un mondo nuovo che le ragazze cominciavano a sentire come proprio. Fu così che il cambiamento del gusto giovanile impose un diverso approccio all’organizzazione delle sagre. Dalla piccola banda locale che intonava brani d’opera si passò ai complessini e ai cantanti di musica leggera, dalla festa in cui l’aspetto prevalente rimaneva quello religioso si passò alla festa più laica, in cui lo spettacolo occupava la maggior parte del tempo. Ed ebbe così inizio una trasformazione del costume che se da un lato sostenne ed aiutò l’aggiornamento socioculturale dei giovani, dall’altro allentò l’attenzione alla tradizione. Col passare degli anni l’omologazione del gusto si completò e l’etno-folk sarebbe stato riscoperto molto anni dopo esclusivamente come memoria e non più come vita.
Questa edizione del Tamburello festival punta l’occhio sugli aspetti più significativi dei mutamenti e tenta di scoprire e attualizzare quali siano state le condizioni in cui maturò il cambiamento e quanto della tradizione sia ancora possibile cogliere nell’atteggiamento, nel gusto, nella formazione umana dei giovani calabresi.
A nessuno sfugge il valore della riscoperta della musica tradizionale e del canto popolare. La sorpresa è la constatazione dell’entusiasmo con cui i ragazzi la vivono e la sentono come propria, non diversamente e forse più intensamente dei ritmi del loro tempo. Non è, tuttavia, un ritorno al passato. Non ci sono glorie da celebrare o fasti da commemorare. E’ semplicemente un vero e proprio sentire spirituale, il recupero di un’identità storico-artistica perduta e ritrovata, di cui ci si riappropria con sentimento e consapevolezza. E’ un passo mosso verso il valore della responsabilità per la propria regione, la sua storia, i suoi valori e verso la ricerca di un ruolo per sostenerne e rilanciarne le migliori attitudini e qualità.
Salvatore L’Andolina
Presidente onorario del Centro studi umanistici e scientifici Aramoni
Associazione culturale Aramoni - Storia e tradizioni del popolo di Zambrone
frazione San Giovanni, Viale Antonio Gramsci numero 3 - 89867 Zambrone (VV) - Italia