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Anno 2007
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Per i piccoli comuni serve una vera riforma
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Editoriale
Per i piccoli comuni serve una vera riforma
La legge elettorale é il punto di partenza per comprendere le dinamiche politiche dei “piccoli comuni”. La logica con cui è stata concepita, infatti, è la principale responsabile dell’involuzione subita dall’assetto istituzionale di riferimento. Il punto di maggiore debolezza è costituito dal voto di preferenza e dalle modalità con cui lo si esprime, che è tale da consentirne il controllo capillare. Alcuni autorevoli studiosi giudicano tale normativa alla stregua di una vera e propria “legge-truffa”. A tale riguardo, eccepiti profili di incostituzionalità, non sembrano del tutto infondati. La segretezza, in seggi elettorali minuscoli, rispetto al numero dei candidati, è seriamente minata. “L’elettorato passivo” (e mai tale espressione fu più felice) non è libero di scegliere la lista, per quello che essa esprime in termini di programmi e competenza dei candidati. Il voto di preferenza impone di scegliere il fratello, cugino, compare e compare del compare. Una breve digressione. Perché nei piccoli centri i candidati sono costretti a una sorta di cannibalismo elettorale per accaparrarsi la preferenza e per il voto dei parlamentari (esteso a centinaia di miglia di votanti per ogni collegio) non è data la possibilità di esprimerla? Tale premessa è necessaria per comprendere le perplessità che ruotano intorno alla recente iniziativa legislativa tesa a ridefinire, potenziandole, le funzioni e il ruolo dei piccoli comuni. Detta riforma, innanzi tutto, non sembra che sia stata preceduta da una profonda valutazione dei costi economici conseguenti L’assegnazione (ai piccoli comuni) di un ruolo differente, più dinamico ed efficiente implica ulteriori esborsi di risorse pubbliche. Considerazione abilmente elusa dal Parlamento. L’assetto localistico consta di oltre ottomila Comuni. Praticamente, un pachiderma burocratico. Per uno Stato popolato da meno di sessanta milioni di abitanti, è un lusso. Potremo, in futuro, permettercelo? In Calabria e, in generale in tutto il Sud Italia, gli enti locali presentano specifiche problematiche. Per esempio, ad essi è demandata la gestione unica del territorio. Ma sono in grado di assolvere a tale funzione? Fino ad oggi un’edilizia da rapina ha deturpato oltre ogni misura l’ambiente. Quali soluzioni hanno adattato per impedire che ciò accadesse? Cosa avrebbero potuto fare contro lobbies di ogni tipo, non ultima, la malavita organizzata ? E ancora: quanti sono stati, nel Sud Italia, i Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose ? E’ stata effettuata un’indagine specifica sulle piccole realtà comunali e sul potere pervasivo delle consorterie criminali? Nei piccoli Comuni, inoltre, la democrazia è, talvolta, solo apparente. I meccanismi elettorali, la crisi dei partiti e il diffuso malcostume politico che alimenta clientele su clientele, stroncano, di fatto, ogni alternanza. Il sindaco di un piccolo comune viene quasi sempre confermato al secondo mandato. Anche quando opera malissimo. Come mai? Tutto ciò non compromette seriamente lo spirito della democrazia? La riforma di che trattasi rafforza ulteriormente le attuali posizioni di potere. Consolida cioè una classe dirigente e logiche politiche, giudicate, coram populo, fallimentari. Per rivitalizzare i piccoli Comuni servono riforme d’urto tali da produrre uno “sconvolgimento” degli attuali equilibri. La priorità è la modifica della legge elettorale. Auspicabile è l’eliminazione del voto di preferenza. Occorrerebbe potenziare il ruolo dell’opposizione (senza assegnargli un potere di veto). Limitare a quattro anni il mandato del sindaco (analoga durata è prevista per il capo della Casa Bianca…). Operare per una graduale loro trasformazione. Rafforzare a breve termine (realmente) l’istituto dell’unione. Infine, eliminare le varie indennità. Il sindaco di un piccolo Comune percepisce all’incirca mille euro. L’assessore, al massimo, duecento euro. Somme che di certo non garantiscono la loro indipendenza. In compenso proiettano nello scenario politico locale personalità unicamente interessate a tali indennità. Un dato sconsolante che non agevola la razionale selezione degli amministratori. La prospettata riforma segna un altro punto a favore dell’invocata (da parte leghista) devolution. I soggetti interessati, specie al Sud, non sono troppo fragili per reggere la sfida? L’esasperato municipalismo ha impedito che in Italia sorgesse una cultura nazionale. Il Risorgimento, anche per questo fu “una rivoluzione mancata”. L’effetto: il trionfo del conservatorismo…
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora l’11 maggio 2007
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