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Anno 2007
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Onorare la memoria di Pietro Nenni
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Editoriale
Onorare la memoria di Pietro Nenni
L’1 gennaio 1980 moriva Pietro Nenni, leader storico e carismatico del socialismo italiano. E’ stato protagonista della vita politica nazionale, dal 1914, allorquando organizzò la settimana rossa di Ancona, fino al 1969, anno in cui di fatto perse il controllo del Psi. Le sue scelte sono sempre state caratterizzate dalle grandi unità (unità d’azione e Fronte popolare) e dalle altrettanti grandi rotture: autonomia socialista, strappo irreversibile dall’Urss, primo centro-sinistra, modernizzazione dell’Italia negli anni sessanta, quelli del primo boom economico. Per primo intuì l’importanza dei mass media e non a caso divenne il più brillante giornalista politico dei suoi tempi. Fu abilissimo oratore. Nei suoi discorsi, le masse popolari identificavano sentimenti e aspirazioni di emancipazione. Durante il ventennio fascista divenne un solido riferimento dell’opposizione democratica. In Spagna difese la giovane repubblica, insieme a uomini del calibro di Lussu, Di Vittorio, e dei fratelli Carlo e Nello Rosselli. Dalle lotte spagnole nascono le basi dell’unità politica d’azione con i comunisti di Palmiro Togliatti. Da quell’esperienza trarrà un monito sempre presente nella sua vita, ben sintetizzato da Leo Valiani: “La democrazia è sacra e va difesa a tutti i costi, anche con le armi, se necessario”. Il dolore più grande gli fu certamente causato dalla perdita della figlia minore, Vittoria, in un campo di concentramento nazista (Auschwitz). Dopo la caduta del fascismo, rientra in Italia e con Giuseppe Saragat, Lelio Basso e Sandro Pertini, prende in mano le redini del movimento socialista, finalmente unificato, denominato Partito Socialista di Unità Proletaria (Psiup). La sua carriera politica si caratterizzò anche per i grandi errori tattici e strategici. Il Fronte popolare fu il primo. Il risultato dell’unione col Pci alle elezioni del 1946 ebbe quale unico risultato quello di rafforzare l’alleato a discapito del movimento socialista riformista. Poi, per non rompere l’unità dei lavoratori, ancora per qualche anno, mantenne saldi rapporti con l’Unione sovietica. La rottura con l’Urss di Stalin avvenne nel 1956 nel momento dell’invasione da parte dei carri armati sovietici, dell’Ungheria. Successivamente accettò di entrare nei governi di coalizione con la Dc (con incarichi prestigiosi: vicepresidente del consiglio, prima e ministro degli Esteri, poi) e vi rimase anche nel 1964, nonostante il “tintinnare di sciabole” del generale De Lorenzo, a tutela e garanzia della giovane democrazia italiana. Con la scissione di Tanassi del 1969, Pietro Nenni, rimase isolato. Riccardo Lombardi, infatti, insoddisfatto dell’azione governativa, giudicata scarsamente riformatrice, aveva coalizzato intorno a sé una parte significativa del partito, tra i quali molti giovanotti, poi divenuti illustri : Enrico Manca, Valdo Spini, Gianni De Michelis, Claudio Signorile, Fabrizio Cicchitto, Saverio Zavettieri. Ultimo importante gesto politico, fu il sostegno al fronte divorzista capeggiato da un socialista affidabile, quale Loris Fortuna e da un giovane politico, eccentrico e fantasioso, Marco Pannella, contro l’asse Fanfani-Almirante. Morì nel momento in cui il partito era saldamente nelle mani di un segretario che si era formato alla sua scuola: Bettino Craxi, sostenuto, in un primo momento, dal più illustre socialista calabrese dell’epoca, Giacomo Mancini. Degli insegnamenti di Pietro Nenni, cosa è rimasto? Nella politica locale, il vocabolo “socialista” viene talvolta usato per carpire il voto di qualche nostalgico o per dare dignità ad azioni e comportamenti non sempre edificanti. L’accettazione di un sistema politico autoreferenziale, privo di slancio riformatore, è un fatto che stride palesemente con la carica di generosità sprigionata, in particolare, proprio dal sanguigno romagnolo. Un qualsiasi sedicente partito socialista chiuso in botteghuccie e parrocchiette asfittiche, semplicemente, non è socialista. Forse è pura utopia, ma piace lo stesso pensare che qualcuno raccoglierà la bandiera del vecchio leone di Faenza e continuerà un percorso fatto di battaglie giuste e coraggiose. Il binario su cui fare viaggiare la locomotiva socialista, nella provincia di Vibo Valentia, è composto da due elementi essenziali, legalità e lavoro. Tutto il resto: assalto ad assessorati, sventolii di variopinte bandiere, feroci lotti intestine, personalismi amorali, inadeguatezza propositiva, semplicemente, non appartiene alla storia e alla cultura riformista. Filippo Turati nel 1893 aveva previsto che l’Italia sarebbe diventata una repubblica, ma, essa, ammoniva, sarebbe stata quella: “dei monarchici, dei reazionari, degli speculatori”. Certo, non poteva immaginare, che anche (pseudo) socialisti avrebbero contribuito a tale risultato. Cari compagni, é giunto il momento di onorare, nei fatti, la memoria di Pietro Nenni…
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 3 gennaio 2007
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