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Anno 2006
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Ritardi e limiti della società
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Editoriale
Ritardi e limiti della società
Un ottimo editorialista di Calabria Ora che cura la settimanale rubrica “Banalmente” si è reso interprete nel suo ultimo articolo, di alcune proposte che hanno suscitato diverse reazioni, una, in particolare, di un attento lettore, pubblicata dopo qualche giorno sulle stesse pagine del quotidiano. Una prima osservazione, concerne il ruolo di “Tangentopoli” nel Vibonese. Nella provincia di Vibo Valentia, il terremoto politico-giudiziario degli anni Novanta, conosciuto come “Tangentopoli”, ha avuto effetti importanti ma tutt’altro che positivi (come nel resto del Paese). “Tangentopoli” non ha offerto ai cittadini nessuna possibilità di cambiamento, semmai l’ha frustrata e impedita. La società si cambia e si migliora con l’azione politica e l’attività di promozione culturale, entrambe sorrette da un grande amore per il prossimo che si chiama “passione civile”. Le sentenze, sono uno strumento di ripristino della legalità violata, non certo una mannaia produttiva di giustizia astrattamente intesa. Uno dei più importanti maitre à penser italiani, Norberto Bobbio, sosteneva che la “cultura senza politica” è sterile e “la politica senza cultura” è vuota. Un binomio, cultura e politica, che in Calabria e nella provincia di Vibo Valentia in particolare, è assente ormai da molti lustri. Le sentenze non offrono nessuna opportunità rivoluzionaria. Le rivoluzioni, sono, storicamente, fenomeni legati alla gente, al popolo e non a un’élite d’impiegati dello Stato! E qui entra in scena l’altro soggetto chiamato in causa nella discussione: il cittadino. Molti osservatori considerano i governanti l’espressione più diretta e immediata del popolo che li esprime: “ogni popolo ha i governanti che si merita”. E’ un’enunciazione di principio che qualche volta trova aderenza con la realtà, altre, invece, no. Nel caso della provincia di Vibo Valentia, purtroppo l’affermazione si è rivelata spesso corretta. Tranne rare eccezioni i vibonesi non hanno mai posto in essere azioni tese al rinnovamento della politica, del costume e della società. Qualcuno ci ha anche provato, ma è rimasto sconfitto, se non addirittura stritolato dalle maglie di un potere che risponde al “familismo amorale, al trasversalismo affaristico e al trasformismo più becero” (Giacomo Mancini jr). E così, in un contesto di questo genere, è stato anche fin troppo semplice, per una classe politica grigia e mediocre, condannata ad essere rappresentante di terze o di quarte linee, assurgere ad un ruolo protagonista. Con “Tangentopoli” i porta borse dei porta borse sono diventati i rappresentanti di un territorio sempre più masochista e sempre più in ritardo con la storia. I vice dei vice importanti rappresentanti delle istituzioni. La scomparsa dei partiti, ha talvolta agevolato, specie nelle realtà periferiche, l’ascesa di capi, capetti e ras, molto distanti dalla conoscenza circa le complesse dinamiche politiche. Il tutto con grave pregiudizio per il territorio e il suo futuro. Flotte intere di socialisti e di democristiani si sono imbarcati nelle file dei Ds, di Forza Italia, di An, etc, etc. Poi, spesso, hanno cambiato casacca, il che è legittimo, se frutto di un ripensamento o di scelte maturate in conseguenza della mutata realtà politica. Ma ciò che è drammatico (o ridicolo) sono (e sono stati) nella provincia di Vibo Valentia, i continui e ripetuti cambi di schieramento o di coalizione da parte della (vecchia e nuova) classe dirigente. Sempre, rigorosamente, dalla parte vincente, perché “gli italiani sono sempre pronti correre il soccorso dei vincitori!” (Ennio Flaiano). Questa è la classe dirigente emersa da “Tangentopoli”: figure modeste balzate agli onori della rappresentanza pubblica, dei veri e propri parvenu della politica … e rampanti “gattopardi” sempre saldamente al comando delle leve istituzionali. C’è un’alternativa a tutto ciò? Le alternative nascono solo se le condizioni ambientali e territoriali lo consentono. In un contesto in cui dominano la violenza e il ricatto, talvolta anche soltanto psicologico o morale, difficilmente la parte sana e produttiva della società riesce ad imporsi. Lo Stato, insomma, ha le sue responsabilità alle quali quasi mai assolve con puntualità. Ma anche i cittadini hanno il dovere dell’impegno civile che va posto in essere con passione e coerenza, qualità non comuni e di difficile esercizio per i cittadini dell’ultima provincia d’Italia. Purtroppo dalla cosiddetta “società civile” (espressione infelice per indicare il mondo delle professioni e dell’associazionismo) non giungono chiari segnali di rottura e dal mondo politico, oggi quanto mai autoreferenziale, pervengono, sempre più forti, segnali tesi all’autoconservazione. Ma don Chisciotte è adorabile proprio perché il suo sguardo teso verso imprese impossibili e obiettivi irraggiungibili è sempre poetico…
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 2 ottobre 2006
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