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Zambrone, messa per Valentin Kulak
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Valentin Kulak
Zambrone, messa per Valentin Kulak
Uno scrittore berbero del milleseicento ha scritto: “Tutto ciò che finisce é troppo breve”. Nello sconfinato oceano dell’eternità la vita dura quanto il battito di un ciglio. Ma se un’esistenza si spezza a soli ventuno anni, allora la sensazione della brevità risulta atrocemente intensa. Nella chiesa di santa Marina Vergine, a San Giovanni di Zambrone, si è svolta lo scorso martedì una messa solenne in suffragio di Valentin Kulak, il giovane bielorusso cresciuto a Zambrone e morto poco tempo fa nella sua città d’origine. Per l’occasione, si sono riuniti gli amici del piccolo Valik, provenienti da tutta la provincia Vibonese. Impossibile ricordarli tutti, ma difficile non fare menzione di alcuni, come ad esempio Teresa Grimaldi presidente dell’associazione Kuore attiva sul versante della solidarietà nell’area contaminata dalle radiazioni di Chernobyl che per la circostanza ha mobilitato una folta rappresentanza di giovani bielorussi, Franco Alleva fidato fotografo di Valik, Damiana e Francesco Costa, gli amici più affettuosi dell’infanzia trascorsa a San Giovanni, Giuseppina Davoli presidente regionale dell’Admo. Presenti alla luttuosa cerimonia anche alcuni insegnanti, Ida Bagnato, Antonietta Carrozzo, Anna Collia, Mariella Francica, Maria Pellegrino e una nutrita rappresentanza di allievi delle scuole primarie di Zambrone e San Giovanni che ha intonato un emozionante canto di preghiera. Fra gli astanti tanta gente del posto. Particolarmente commovente la processione offertoriale. Ad essa infatti, hanno partecipato, oltre ai fratelli Costa, ragazzi e bambini bielorussi. Non ha voluto mancare al triste appuntamento, nemmeno Denis Sfidirienko uno dei migliori amici d’infanzia di Valentin e suo compagno di mille avventure, stabilitosi definitivamente a Tropea da molti anni. Il dirigente scolastico Francesco Laganà ha poi ricordato uno dei tratti principali di Valik, la sua vivacità solare e gioiosa. Il rito funebre, semplice e toccante è stato celebrato dalla guida spirituale di San Giovanni, don Pasquale Sposaro prodigatosi in un’omelia puntuale e struggente. Il sacerdote emerito don Paolo Pietropaolo ha concelebrato la messa. I canti liturgici sono stati eseguiti dal coro parrocchiale. La “famiglia” di Valentin si è stretta in una silenziosa e lancinante sofferenza; ma la storia del pargolo venuto da un villaggio vicino Gomel conferma l’inderogabile urgenza della carità. Il bene resta, ogni altra cosa materiale è destinata a dileguarsi nel nulla. Valentin Kulak non disponeva di ricche risorse economiche, guadagnava lo stretto necessario per vivere dignitosamente. Eppure conduceva la sua esistenza con allegria, spensieratezza e speranza, senza mai prestare il fianco alla tristezza o alla rassegnazione. Un insegnamento nobile e significativo, ma anche un’eredità da preservare con cura, come i tanti ricordi dei mesi trascorsi insieme agli amici vibonesi e alla sua “famiglia” di Zambrone, tutti caratterizzati da una profonda tenerezza e da un incommensurabile affetto. La sua più cara amica, praticamente una sorella, Olga, gli cantava sovente un ritornello napoletano: “E’ bello e faccia è bone e core, tutte e femmene fa innamorà”. Valentin già a nove anni comprendeva pienamente il senso di quella canzone e rideva di cuore. Quella risata, aperta, gioviale, spontanea, sorniona, rimarrà, per sempre, un ricordo dolcissimo. Chi ha amato il piccolo Valik, la porterà con sé per sempre.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 26 marzo 2009, p. 36
Messa per Valentin Kulak
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