Don Paolo Pietropaolo nato a Zungri il 19 luglio 1923 ove tuttora risiede è stato parroco della Parrocchia Santa Marina (comunità di San Giovanni) dal 15 aprile 1975 al 30 settembre 2003. E’ stato sempre ligio alla sua vocazione pastorale, ha guidato la comunità negli anni difficili della ricostruzione della Chiesa di Santa Marina, senza mai manifestare, nonostante le oggettive difficoltà, disagio o insofferenza. Ha sempre indirizzato la comunità di San Giovanni verso la fede cattolica con grande attenzione, saggezza e dedizione; la sua presenza è sempre stata un punto fermo per la cittadinanza tutta; non ha mai innescato polemiche e la discrezione è stata una delle virtù più tangibili. La sua immensa cultura, la naturale propensione alla generosità, le sue spiccate doti spirituali, hanno scritto una delle pagine più belle sulla storia della comunità di San Giovanni.Don Pietropaolo quale è stato il suo primo impatto con la comunità di San Giovanni?Il mio primo impatto con la comunità di San Giovanni è stato poco confortante, in quanto la vita cristiana era poco vissuta e ciò non per colpa del popolo ma per l’impossibilità da parte dell’autorità ecclesiastica di assegnare a San Giovanni un parroco stabile.Lei è rimasto per molti anni a San Giovanni. Nel tempo, la realtà, da un punto di vista spirituale, le è sembrata migliorare?Decisi di accettare l’incarico di parroco della parrocchia di Santa Marina datomi dal Vescovo del tempo monsignor Vincenzo De Chiara, sicuro che il Signore mi avrebbe aiutato e anche per l’affetto che mi dimostrò subito il popolo di San Giovanni. Posso dire che il mio lavoro pastorale ha prodotto il frutto sperato: il miglioramento della vita spirituale di San Giovanni.Quali date ricorda in particolare?Il 20 marzo 1994 allorquando Michele Gentile consegnò alla Parrocchia Santa Marina, dopo averla restaurata con l’ausilio del professor Reginaldo D’Agostino, una statua antica consegnatagli dalla parrocchia di Cessaniti raffigurante il Cristo Morto e l’8 aprile 1995 giorno in cui ho benedetto il Calvario costruito dal popolo sangiovannese. La fede è un sentimento autentico per gli abitanti di San Giovanni?Non sempre si è trattato di una fede realmente vissuta, testimoniata dalle opere di carità e di amore fraterno secondo gli insegnamenti del Vangelo; ma questo non deve meravigliare, perché la superstizione, il fanatismo e il devozionismo sono fenomeni storicamente dovuti alla scarsa istruzione religiosa.Ci può raccontare un aneddoto curioso sulla sua esperienza di arciprete di San Giovanni?La notte di Natale il priore della Congrega, il signor Francesco Giannini, veniva con la macchina a Zungri per prelevarmi ed io andavo a celebrare la messa di mezzanotte, però la predica la facevo fare a un bambino/a dopo naturalmente la necessaria preparazione. Un Natale più gioioso per i bambini!Qual è stato il periodo più difficile del suo sacerdozio? Dal 15 aprile 1996 al 21 dicembre 2002. In questo arco di tempo sono stato costretto a celebrare ogni giorno la Messa nella cappella del cimitero e a fare la dottrina dei bambini nel centro sociale. La conseguenza inevitabile fu la diminuzione della partecipazione alla messa. Unica eccezione erano la novena e la festa di Santa Marina, le cui funzioni religiose si svolgevano nell’edificio scolastico e così la festa della Santa Patrona si è sempre svolta con la massima solennità. Ma venne finalmente il giorno tanto atteso in cui quel triste periodo si chiuse: la sera del 21 dicembre 2002 il Vescovo monsignor Domenico Tarcisio Cortese benedì la nuova chiesa.Corrado L’Andolina
• Pubblicato su Cronache Aramonesi anno II, n. 3 luglio 2006