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Un primo piatto antico che esalta i sapori della terra calabrese
Fileia, gusto e tradizione del Vibonese
Il “Dinaculo” sembra un bastoncino di legno insignificante. Ma quando viene afferrato dalle robuste (e sempre più rare) braccia delle donne indigene, scopre la sua ragione d’essere. Il movimento che gli viene impresso dalle massaie nostrane è ondulatorio e costante. Un’operazione ripetitiva ma misteriosamente capace di dare senso compiuto a un amorfo composto di acqua e farina. Il risultato di questo rito energico dà luogo ai “fileia” (secondo altri “fileja”, “fileda” o “filea”). La forma è ricurva. Come le schiene dei contadini che, per primi, hanno scoperto le delizie di questa pietanza. Appaganti. Dopo averne consumato un piatto abbondante la soddisfazione è piena. I fileia non sono un primo piatto. Piuttosto una bomba di carboidrati. Uno strumento di contrasto alla fatica degli uomini e delle donne del Sud. Rispetto agli hamburger e alle piadine si pongono su un piano antitetico. Ma i fileia sono anche l’antitesi dell’antimateria. E quando materia e antimateria s’incontrano, danno vita all’energia. Un piattone di fileia costituisce, pertanto, un vero e proprio propulsore atomico. I fileia si accompagnano volentieri ad altri elementi “tosti”, ovvero fagioli e ceci. Elementi non proprio noti per la loro leggerezza. Il pecorino del Poro e una fiamma di Sua Maestà il peperoncino completano l’artiglieria pesante di questo particolare prodotto. I turisti ne sono altissimi estimatori. Prova ne sia l’occhio sfavillante e il sorriso gioviale con cui accolgono la pietanza in argomento. Quando irrompono sulla tavola, hanno lo stesso effetto di Sean Connery su un set cinematografico: totalizzanti. Nelle sagre sono quasi sempre presenti. In loro onore vengono allestiti banchetti e tavolate senza fine. Istigano alla socievolezza. Perché risulterebbe oltraggioso consumarli da soli. Suggeriscono acute riflessioni. Sui prodigi di una cucina povera ma miracolistica per i suoi incredibili risultati. Inducono alla ricerca. Un’invenzione di siffatta portata rinvia, direttamente alla ricerca storica e antropologica. Odorosi, fumanti, sono per loro stessa natura proletarie. I fileia non sono soltanto un piatto etnico. Piuttosto simboleggia l’essenza di un popolo, la sua proverbiale fame, la voglia di abbondanza, il desiderio di colmare vuoti siderali e spaziali enormi. Sono la tarantella della tavola. Per la loro capacità di rallegrare i banchettanti. Racchiudono stratificazioni culturali ataviche, dati empirici gaudenti. Il loro consumo, oggi come in passato, si accompagna a una ricorrenza festiva. Aggiungono un ulteriore elemento di spensierata allegria. Una loro peculiarità è l’immediatezza con cui si sciolgono in bocca. A vederli sembrano creature ostiche, da prendere con le molle e tutte le cautele del caso. Ma in bocca si sciolgono con la stessa rapidità di un cioccolatino. La pietra miliare di una cultura gastronomica determinata, creativa e affidabile. Come lo spirito dei calabresi?
Corrado L’Andolina
• Pubblicato su Calabria Ora il 28 agosto 2007
Associazione culturale Aramoni - Storia e tradizioni del popolo di Zambrone
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