Dipendenti “indefessi” alla Provincia di Vibo, il neo-presidente L’Andolina li richiama all’ordine
1 Marzo 2023 – www.calabriasette.it
Dipendenti pubblici che (oltre alle proprie) svolgono mansioni diverse da quelle per le quali sono inquadrati. Lavoratori della Pubblica amministrazione che si prestano (spontaneamente) ad eseguire procedure di pertinenza dei colleghi di categoria superiore. In un settore come quello della Pa, nel quale si sprecano i luoghi comuni su nullafacenti e imboscati, basterebbe quest’immagine per strabuzzare gli occhi e scorgere un’anomalia. Tanto più se l’Ente chiamato in causa è la Provincia di Vibo Valentia che, nel corso della sua giovane e tormentata storia (è nato nel 1992), si è caratterizzato per un organico elefantiaco – per opinione consolidata nato da impulsi politico-clientelari – in cui più di qualcuno aveva trovato il suo buen retiro stabilmente e adeguatamente retribuito.
Dal dissesto al risanamento
Almeno fin quando il giocattolo non si è rotto e dall’era delle vacche grasse si è passati alla drastica cura dimagrante imposta dalla dichiarazione di dissesto finanziario del 2013, con tutto il portato di precariato e tagli draconiani che ne è seguito. Il dissesto è ormai in archivio e con esso le rivendicazioni salariali dei dipendenti che, nella fase più aspra della contesa, erano arrivati ad asserragliarsi sul tetto. Ora che l’Ente, con l’opera risanatoria portata avanti sotto la guida dell’ex presidente Salvatore Solano, naviga in acque più tranquille, tra i dipendenti ormai dimezzati ci sarebbe addirittura chi non si accontenta di fare il proprio lavoro ma sgomita per fare anche quello che compete ad altri.
Il richiamo all’ordine
Tanto che il neo presidente, Corrado L’Andolina, amministratore di centrodestra eletto lo scorso 29 gennaio, è dovuto correre ai ripari e richiamare i lavoratori al rispetto dei propri ruoli attraverso una circolare interna. Invitandoli ad astenersi da mansioni che non corrispondono alla qualifica di appartenenza. Ma non lo ha fatto per stemperare l’entusiasmo di qualche inguaribile stakanovista. No. Il motivo, più concreto e meno idilliaco, è quello di evitare eventuali rivendicazioni – e dunque possibili contenziosi – da parte di quei dipendenti che, senza averne titolo né essere preventivamene autorizzati, si prodigano in altre mansioni con la speranza (o più realisticamente l’obiettivo) di poter rivendicare in futuro una progressione di categoria.
Nella sua prima circolare, inviata anche alle rappresentanze sindacali, il neo presidente mette dunque le mani avanti e avvisa gli “indefessi”, richiamandoli all’osservanza del Testo unico sul pubblico impiego. “Al fine di evitare incresciose lamentele da parte di singoli dipendenti e prevenire ogni eventuale futuro contenzioso in merito – scrive di concerto con il segretario Domenico Arena -, è opportuno ricordare al personale dell’Ente Provincia, che “il lavoratore pubblico deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive””.
“Nessun effetto nell’assegnazione di incarichi direzionali”
L’Andolina, a scanso di ogni equivoco, annota: “L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione, per come esplicitato dall’articolo 50 del TU sul pubblico impiego”. Con buona pace degli aspiranti dirigenti. L’invito diviene disposizione perentoria: “Astenersi dallo svolgimento delle mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza, senza che siano specificatamente attivate le procedure di espressa e scritta autorizzazione e l’iter prescritto dalla vigente normativa”.
Tra diritto del lavoro e input motivazionali
Esaurita la formalità giuslavoristica, L’Andolina veste i panni del buon padre di famiglia e ricorda che “è un privilegio lavorare per servire i cittadini e ciò molti dipendenti lo vivono come una missione. Pertanto, si è certi che ognuno farà sempre proprio il valore dell’appartenenza a questo Ente, ispirando la propria opera al rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento che impongono di favorire rapporti di fiducia fra amministrazione e cittadino nonché ai doveri di diligenza, obbedienza, fedeltà e dedizione al servizio svolto”. Un esordio in punta di diritto con suggestioni motivazionali per il presidente-avvocato, al sapore di “patti chiari e amicizia lunga”. (m.s.)