ELOGIO FUNEBRE IN MEMORIA DI ENZO COLLIA
Un volo d’angelo. La prima immagine che mi ritorna in mente di Enzo Collia è proprio questa. Ed è un’immagine che affonda le sue radici a tanti e tanti anni fa, radicata in un aneddoto. Enzo era nel fiore della gioventù. Durante un torneo di calcio, a Potenzoni, per una serie di coincidenze, nel corso di una partita, entrai a giocare con i “grandi” (all’epoca ero ancora adolescente). Spiovve in area di rigore un pallone alto ed Enzo, da portiere esperto, cercò di afferrarlo. Saltai per colpirlo di testa ma impattai con lui. La caduta fu rovinosa per entrambi e il risultato fu di una forte contusione per me e di una lussazione alla spalla per lui. Ma prima di cadere, ebbi la sensazione di vedere dietro di me un super portiere intento nel suo volo d’angelo. Una sensazione che custodisco nella memoria. L’immagine di Enzo che vola come un angelo è uno dei ricordi più nitidi della mia adolescenza. Nel volo c’era tutta la sua capacità umana. La capacità di chi riesce a sollevarsi dal terreno per avere una prospettiva di vita ampia e profonda che sa guardare ben oltre le contingenze. E in quel volo si scopre la presenza di un angelo che col suo cuore puro riesce a trasmettere sicurezza ed a rimuovere ogni inquietudine.
Enzo era un uomo di poche parole. Conosceva il loro senso e valore e le dispensava con parsimonia. E nelle sue parole c’era molto del suo carattere. Sapeva che le parole hanno un’importanza fondamentale perché vanno dritte al cuore e restano impresse nella mente degli interlocutori. E a proposito delle parole, bisogna dire che mai una fuori posto è stata da lui pronunciata. Mai un improperio. Mai una maldicenza. Mai una constatazione fuori luogo. Mai al di sopra delle righe. In questo, il suo esempio è encomiabile. Ma ai suoi amici piaceva la penetrante ironia che con le parole sapeva colorire nei modi più appropriati. In ogni riunione e incontro che avesse una certa rilevanza per le sorti della comunità, in molti si domandavano: “Ma Enzo cosa ha detto?”. Con le parole raccontava fatti ed episodi di vita vissuta, aneddoti e qualche antico frammento di vita zambronese. Era ospitale come sanno esserlo solo i veri calabresi e la cordialità era connaturata al suo agire.
Sulla vita privata di Enzo, parlano i fatti. Marito premuroso, padre amorevole, figlio giudizioso, fratello protettivo, amico affidabile e cittadino perbene. La sua serietà andava ben oltre i canoni dell’ordinarietà. Composto, ligio al dovere, sapeva relazionarsi con affabilità nei confronti di tutti quanti. Il garbo era il tratto dominante del suo modus operandi. Cortese nel porre domande, nell’offrire risposte e nell’affrontare ogni piccolo o grande problema delle persone. Signorile in ogni circostanza, colpiva la sua educazione legata all’antica e nobile cultura di Zambrone di cui era testimone affidabile e completo. I suoi ragionamenti, semplici ma mai banali, le sue idee lineari e mai contorte, il suo modo di esprimersi, limpido e senza zone d’ombra lo rendevano un modello da prendere sempre come riferimento.
Enzo aveva un’indole pacifica e per molti versi timida che tuttavia non gli impedì di avere un ruolo pubblico di rilievo in questa comunità. Non si nascose dietro i paraventi della convenienza e non esitò a impegnarsi in prima persona. Insomma, lui praticava il motto: poche chiacchiere e tanto impegno reale. Dal giugno del 1999 al febbraio del 2016 è stato consigliere comunale in cinque amministrazioni. Dal giugno 2004 al giugno 2014 ha poi ricoperto la carica di assessore comunale. Si è prodigato per fare di questo paese, una realtà migliore. Le sue scelte sono state limpide e ispirate alla sua natura: la lealtà. Il bene comune è stato da lui perseguito con piena convinzione e autonomia di pensiero. Non è facile operare in un territorio così complesso com’è quello comunale. Ma Enzo con la sua generosità, con la straordinaria capacità relazionale, con il suo operato ha cercato di donare il meglio di se stesso per renderlo più vivibile. La sua presenza al municipio era una sorta di riferimento per tutti. Non lesinava energie e cercava di ottenere dalle circostanze oggettive il meglio per la società. Sempre presente in tutte le cerimonie e negli eventi cittadini, accoglieva ogni iniziativa, indipendentemente dal soggetto promotore, con gioia e sincero spirito collaborativo. Sapeva essere moderato, ma anche mantenere ferma la barra della decisione se essa rispondeva al suo intimo e positivo convincimento. La stima della gente lo rendeva interlocutore privilegiato. Ed è proprio per queste sue qualità che era stato nominato, dall’amministrazione in carica, componente della Commissione Turismo e, poi, al suo interno, era stato prescelto, all’unanimità, quale suo Presidente. La sua esperienza sarebbe stata di grande aiuto alla neonata amministrazione, avida dei suoi consigli e orgogliosa della sua collaborazione. Ma sarebbe stata d’ausilio anche la sua capacità di relazionarsi fra passato e futuro, arricchendo, in tal modo, il presente con la forza della sua personalità. La sua scelta era stata motivo di soddisfazione per l’amministrazione che voleva in qualche modo riconoscere il valore e la costanza del suo impegno. Purtroppo, la malattia gli ha impedito di esercitare questa sua nuova funzione. Di certo, avrebbe stravinto anche questa nuova sfida.
Durante la gestione amministrativa 2014/2015 il commissario prefettizio Sergio Raimondo, parlando di e con lui lo chiamava George Clooney. Un po’ per la somiglianza fisica con il noto attore statunitense. Un po’ per il portamento, segnato da un’eleganza fuori dal comune. La sua eleganza non interessava soltanto il vestiario, ma anche il modo di camminare, di contenere la gestualità e di vivere ogni istante della sua vita. Ogni tanto, a mo’ di battuta era chiamato così anche da alcuni suoi amici. E lui sorrideva, sornione, compiaciuto ma senza prendersi troppo sul serio.
Questo ricordo, mi porta a fare solo cenno dell’ultimo scorcio della sua vita, così intrecciato col destino della mia famiglia e di mio padre in particolare. Una notte, mentre assistevo mio padre dolorante per il suo male incurabile, guardai alla televisione un bel film di George Clooney: Tra le nuvole. Un film doloroso che pone la dialettica fra legami e libertà al centro della sua trama. E mi venne nuovamente in mente quel volo d’angelo e il suo interprete. Enzo ha saputo trovare un equilibrio fra questi due poli. I suoi legami con la terra, con la famiglia, con la popolazione, con il mare erano così saldi da fare invidia anche alle radici di una quercia secolare. Ma il suo spirito di libertà non venne mai soffocato; piuttosto, ha trovato modo di esprimersi attraverso il perseguimento di un ideale di crescita e di sviluppo costante del proprio essere e di quello delle persone a lui più care.
Non mi piace parlare ancora della malattia che ho vissuto passo dopo passo con un patimento nell’animo senza confini. Peraltro non sono riuscito a vederlo nella fase terminale; mi viene da pensare che il destino ha deciso per noi. Ma non importa, perché ciò non ha interrotto e non interromperà il legame ormai radicato nella sfera intima e della coscienza. Egli ha lottato contro una forza molto più grande di lui con coraggio e speranza. Il coraggio di chi crede nella vita a dispetto delle condizioni sfavorevoli. La speranza che porta a comprendere l’importanza di ogni attimo vissuto insieme ai più cari affetti. Un esempio anche in questo. L’ultima volta lo vidi all’ospedale di Tropea insieme al figlio, Francesco. Erano entrambi sorridenti, nonostante la sofferenza. Francesco, si dovrà in qualche modo riappropriare, nel tempo, di quel sorriso nel quale, inevitabilmente, secondo modalità difficilmente spiegabili con le parole, vivrà anche quello di Enzo. Chiara gli ha donato la gioia più grande, un nipote (Leonardo). È in qualche modo il simbolo della vita che continua. Così deve essere perché è scritto nella legge naturale degli uomini e delle donne. Quanto a Rossella, la sua fierezza, la sua forza d’animo, la bellezza straordinaria del suo cuore diventano da oggi un riferimento principesco non solo per i familiari, ma per tutte le persone che hanno voluto bene ad Enzo. La madre Rosa Collia saprà ancora proteggere questo figlio con la forza della preghiera. La fisicità di Enzo, così carismatica e possente, sebbene minata nell’ultima fase dalla malattia, mancherà ai suoi cari ed a tutti i suoi amici.
Egli era fortemente devoto al patrono di Zambrone, san Carlo Borromeo. E alla nobile cultura cattolica appartiene Gilbert Keith Chesterton, uno scrittore inglese che ha insegnato a tutti i cristiani come la parola “Addio” non può trovare casa nel lessico dei credenti. E la sensazione del volo d’angelo rafforza questa convinzione.
“Calabriano” indicava un’era geologica marina caratterizzata, nelle vaste zone mediterranee, da depositi sabbioso-argillosi contenenti molluschi e foraminiferi tipici di acque fredde. E l’immagine prescelta per l’omonima struttura ricettiva fu proprio quella di una foraminifera e cioè di protozoi monocellulari protetti e rivestiti esternamente da un guscio, capaci di fossilizzare nelle rocce sedimentarie di origine marina. In buona sostanza un simbolo che rimanda all’origine della vita e alla sua necessità, anche nelle condizioni più disperate. Un insegnamento, quello contenuto in tale scelta, che i parenti stretti terranno sicuramente presente. E che in quale modo è rivelatore di una componente così importante nella vita di Enzo, per tutto quello che il villaggio “Calabriano” ha significato per lui e per la sua famiglia: il lavoro e la capacità di guardare l’orizzonte marino in tutta la sua maestosa infinità fisica di emozioni. Le stesse sensazioni che si registrano innanzi allo specchio della vita.
Non è facile ripartire dopo la perdita di un congiunto o di un amico. Penso alla sofferenza di Enzo dopo la morte del padre, così contenuta e così grande. La vita per sua stessa natura è soggetta a trasformazione. Con la morte di una persona cara si spegne una parte essenziale del nostro essere. Da quel momento le fragilità assediano ogni giorno la vita, rendendo la sofferenza lancinante. E le parole non leniscono il patimento ma a ben pensarci, con la morte, amici e parenti sono chiamati a un’altra missione: c’è un patrimonio morale da custodire e da tramandare. E quello di Enzo ha un valore inestimabile. È una missione laica alla quale nessuno si può sottrarre. Ci vuole tanta forza che chi non c’è più fisicamente, riuscirà comunque a trasmettere con l’energia del suo spirito.
Zambrone, 9 luglio 2018
Corrado L’Andolina