Olga L’Andolina, Neve al chiaro di luna, edito a cura dell’Amministrazione Comunale di Zungri, per i tipi di Romano Arti Grafiche, Tropea, 2009.di Luciano Meligrana********La lettura del volume ha sollecitato la mia riflessione su tre nuclei concettuali: cultura, identità, storia.«La cultura – scrive Aldo Masullo - va sempre ri-sentita nel suo significato etimologico, che non è solo quello di coltivare, ma anche dell’avere a cuore; e credo che una civiltà sia tale solo quando si esprime nell’avere a cuore se stessa.» L’Amministrazione Comunale di Zungri, nel promuovere la pubblicazione di questo libro, mostra di avere a cuore la cittadinanza, di accompagnare con la propria attenzione il suo bisogno di radici, la sua ricerca di ragioni che la sorreggano nel suo continuare ad essere comunità. Nel libro di Olga L’Andolina, che affida alla gente di Zungri «il compito di raccontarsi sul filo della memoria», è chiara e netta la distinzione – se non la contrapposizione – tra un concetto di cultura intellettuale, accademica, dotata di precisi statuti epistemologici, e uno diverso, ben meno angusto, anche se meno canonico e istituzionalizzato: quello che coinvolge gli appartenenti ad una comunità, che, nel raccontare se stessa, elabora il proprio passato, il senso di sé, della sua presenza nella storia e, nel far ciò, fa cultura, ha, cioè, a cuore se stessa.Il secondo nucleo problematico su cui desidero soffermarmi è il concetto di identità. La ricerca e la definizione delle identità culturali, religiose, etniche si inserisce, spesso, nella prospettiva di un miope e gretto egoismo, che tende ad escludere più che ad integrare, che suscita diffidenza e paura del diverso, più di quanto non induca alla comprensione. Di questo atteggiamento culturale abbiamo recentemente visto, non solo in Italia, i devastanti effetti, che si sono manifestati talvolta nell’intolleranza, nella violenza fisica, nei rigurgiti razzisti. Questo libro ci dimostra che dell’identità si può e si deve avere una visione solidale e non egoistica, dinamica, aperta al nuovo e al diverso. Il terzo tema su cui il libro di L’Andolina offre preziosi spunti di discussione è il concetto di storia (e quello di storiografia).È a tutti noto che negli ultimi decenni «la ricerca storica si è fatta più attenta ai contesti locali e alle storie piccole [..]; la locazione è diventata la condizione preliminare di ogni analisi storica. L’ha riassunta bene, questa tendenza, Aurelio Musi, parlando della necessità di ‘riconoscere la possibilità di percorsi differenziati’». Le implicazioni di questa contestualizzazione spazio-temporale riguardano anche l’approccio metodologico: si sono definite «le metodologie elaborate dalla nuova storiografia – scrive Marta Petrusewicz – che, a partire dai lavori di Natalie Zemon Davis e della scuola microstorica, si è andata collocando sempre di più tra antropologia e storia».Il volume di L’Andolina si avvale di questa metodologia: esso è, infatti, una ricostruzione storica nella quale l’esperienza personale e collettiva, indagata nella sua specificità di tempo e di luogo, non è dissociata dagli eventi della grande storia, ma ne costituisce una sorta di percorso differenziato; tale ricostruzione si collega, d’altro canto, ad una prospettiva che le conferisce la dignità e la funzione di un vero e proprio mito di fondazione di una identità collettiva. È naturale, perciò, che l’autrice utilizzi anche un approccio di tipo antropologico e che si serva di fonti diverse da quelle tradizionali: canti, proverbi, fotografie, racconti-interviste di uomini e donne, semplici lavoratori e lavoratrici, pensionati, emigranti, fornai, pastori, contadini. Del resto è stata proprio la rinnovata nozione di fonte, ampliata fino ad includere ogni tipo di documento, non solo scritto, su ogni aspetto della vita quotidiana, a costituire la rivoluzione di più profondo significato e di maggior portata operata nella storiografia dalla scuola delle Annales. Il volume ci offre, in conclusione, una ricostruzione nella quale il passato ha un suo vigore, è una risorsa per il presente e in cui si coniugano, quindi, tradizione e sguardo volto al futuro: “Zungri – scrive l’autrice - si muove verso il futuro con il vigore del passato, ossia senza aver mai perso di vista la lezione storica degli anni della povertà e della sofferenza.”Mi sembra che questa affermazione possa essere assunta come sintesi del libro.