Non si contano pubblicazioni, convegni, seminari, articoli e siti internet che si occupano della Calabria. Se ne discute nelle scuole, nelle aule universitarie e non mancano associazioni ed istituzioni di vario genere e natura che, in Italia e all'estero, mostrano interesse per la storia, la cultura e l’arte di questa Regione. Ne vengono scoperti e debitamente illustrati angoli, sconosciuti e personaggi ignoti ai più, s'individuano antesignani di teorie scientifiche, giuridiche o filosofiche, che solo per caso o per la sfortuna storica, che accompagna nel tempo il percorso di questa regione, non figurano tra i grandi che hanno dato lustro e prestigio alla patria. Si ripercorrono orme antiche alla ricerca di qualcosa che possa essere sfuggito all'osservazione o all'indagine scientifica, allo studio particolare o alla ricerca per la tesi di laurea: qua s’ipotizza un insediamento dell'era mesozoica, lì sono evidenti le tracce della civiltà rupestre dell'alto medioevo e ancora lì si fermò Annibale in fuga verso l'Africa e in quel dipinto religioso non c'è traccia d'arte popolare ma s'individuano le pennellate inconfondibili di Renoir… Per non parlare delle centinaia di volumi che raccontano la storia di piccoli e grandi Comuni (corredati spesso di preziosi documenti mai rilevati prima), compilati con l'accuratezza dello storico e l'orgoglio dell'appartenenza, più che del campanile. Che cosa significa tutto questo? Di che cosa è indicatore quest’attivismo culturale spontaneo, dis-omogeneo, sfuggente a tutte le regole dell'ufficialità culturale, spesso in rotta di collisione con i canoni delle metodologie accademiche? Si può offrire alla riflessione una duplice risposta o meglio un doppio canale di lettura. Per un verso il manifestarsi di una vitalità indisciplinata, di una ricerca tenace delle radici, una specie di vendetta postuma contro secoli di silenzio e di oscuramento, l’uso scopertamente antiaccademico di uno strumento inusitato, per esprimere coralmente i valori di un'identità cercata e ritrovata dopo tanto tempo.Per altro verso -va obiettivamente rilevato anche quest'aspetto- il rischio di combinare serietà e passione dell'impegno con il velleitarismo culturale, sconfinamento o addirittura superamento delle metodologie di ricerca con la dispersione o l'oscuramento delle ragioni per le quali quell'impegno è profuso. Voci libere, voci in libertà, incontrollate, inattese, che sperano di incontrare qualcuno che le ascolti e le collochi dove qualcuno tra un anno o tra cento ne scopra l'ansia di esserci e di raccordarsi con altre voci. Diceva bene Corrado Alvaro quando sosteneva che il calabrese vuole essere parlato (la frangibilità della grammatica come strumento della concettualità e della verità che la formalità morfologica lascerebbe impresse!). La letteratura (come l’arte in genere) infatti, non è solo prodotto, poesia, romanzo, saggio, è anche ciò che li contiene in nuce e ne promuove il manifestarsi, facendoli poi assurgere ad opera d'arte quando soggetto e strumento che lo rileva si parlano e, in qualche modo, s'influenzano reciprocamente e si trasformano, determinando un concetto di bene culturale che è anche bene per la cultura. Istruire e formare per una prospettiva che promuova il valore dell'individuo è compito della scuola di oggi, organizzare e dare visibilità a tutto ciò che fermenta nell'animo e lo accosta ai simboli della propria identità umana e storica è compito delle Istituzioni e, in particolare, di quelle locali, che nella necessità di difendere, tutelare e diffondere i propri patrimoni culturali, ambientali e umani hanno la loro stessa ragione di essere.Esse sanno (o dovrebbero sapere) che quei patrimoni non sono costituiti soltanto da ciò che trova visibilità e collocazione nell'ambito dei patrimoni nazionali (ad esempio i bronzi, Mattia Preti e Boccioni nella storia dell'arte, Corrado Alvaro e Leonida Repaci nella storia letteraria, la Sila e il Pollino per il patrimonio ambientale) ma anche di tutto ciò che, raramente o superficialmente indagato e spesso ignorato, ne costituisce la genesi formativa. E quest’ultima è l'insieme di documenti, scritti, pubblicazioni, tradizioni orali, opere, edifici antichi, persino ruderi, manifestazioni artistiche dello spirito religioso, piccola architettura religiosa popolare, vecchie colonne e tempietti riproducenti le stazioni della via crucis, mostre fotografiche locali che evidenziano la storia del costume e dei microcosmi locali, tutti ricchi di contenuti storici da trarre fuori da vecchie immagini e tanto altro ancora. Insomma un passato che si attualizza e racconta storie di civiltà e di vita, che a volte s'illumina di lampi vividi d'arte e di poesia spontanee e che fa da sfondo alle opere note e famose della Calabria, note in tutto il mondo ma recepite in maniera quasi isolata dal contesto in cui sono nate. Prima o poi bisognerà porre mano al monitoraggio ed all'organizzazione scientifica dei beni culturali di questa Regione e il disegno, difficile e complesso quanto si vuole, non è estraneo ad un’ipotesi di lavoro dell'Assessorato ai Beni Culturali, che già da tempo si è posto il problema di un'utilizzazione più moderna e razionale di questa risorsa.Non si tratta soltanto di produrre un catalogo regionale dei beni culturali, piccoli e grandi, per fissarne caratteristiche, ubicazione, qualità ma, soprattutto, di assicurare un primo consistente strumento di conoscenza del passato della Regione attraverso il prodotto dell'intelligenza, della fantasia e della versatilità artistica del popolo calabrese: un'operazione sulla quale si potrebbe fondare un'ipotesi di federalismo culturale, da trasferire, organizzandola scientificamente e con il supporto dei moderni strumenti dell'informatica, nelle attività scolastiche. Si tratta di una prima ipotesi di lavoro in vista della riforma della scuola, che assegna (ma per ora è solo una possibilità) una quota orario tra il 5 e il 10% alle Regioni. Il catalogo, in tal modo, non si limiterebbe a soddisfare l'esigenza degli specialisti e degli studiosi ma diventerebbe uno strumento per stimolare la ricerca e lo studio sulla civiltà e la storia della Regione tra i giovani nell'ambito dell'attività disciplinatrice ed educatrice della scuola in modo da saldare passato e presente, conoscenza e formazione, identità e appartenenza. Il problema dell'identità e dell'appartenenza, del resto, già al centro del dibattito in occasione dei preliminari della riforma Berlinguer, è considerato dagli esperti il punto di partenza per organizzare una corretta finalizzazione dei saperi. Quale strumento può essere considerato più qualificato di quello che permette di scoprire qualità e caratteristiche civili e culturali della propria terra e, per di più, di una terra adagiata sul Mediterraneo, verso la quale i millenni hanno fatto confluire percorsi di popoli e vicende, miti, teorie e scoperte su cui ancora oggi poggia la civiltà Occidentale?
Salvatore L'Andolina
Segreteria Assessorato Pubblica Istruzione -Regione Calabria- *Pubblicato sulla rivista, anno II, n. 2, Daidalos Beni Culturali in Calabria, aprile-giugno 2002.