Gentile direttore, mi ero imposto il silenzio, ma la realtà mi impone di rinunciare a questa scelta. Il silenzio, quando tutto va per il peggio e comprendi fino in fondo la tua impotenza a cambiare gli eventi, non può più essere mantenuto. E allora, almeno per una volta, senti il bisogno di parlare sia pure sommessamente, di criticare, di denunciare.Questo non risolverà niente, ma la mia coscienza di cittadino e uomo libero, si sentirà (poco poco) più sollevata e se sarò riuscito a scuoterne anche solo un'altra, avrò raggiunto il mio scopo. Vivo a Zambrone (per la precisione in una sua frazione, San Giovanni) da sempre; a parte il periodo degli studi universitari. Ho sempre creduto nel mio paese, nella sua gente, nelle potenzialità del suo territorio. Oggi, questa mia fede, vacilla.Non nel senso che non ami più il mio piccolo paese (questo, se anche lo volessi, sarebbe impossibile) ma nel senso che prevedo per esso un futuro nero. Ho conosciuto una Zambrone contadina, antica, dal cuore romantico, con aspirazioni di emancipazione e di libertà. Negli anni Novanta, questa Zambrone ha ceduto, in parte, il passo ad una Zambrone diversa, fatta di affari e di grandi interessi, concentrati, prevalentemente nella sua marina.La prima conseguenza è stata immediata e tangibile. Dei due chilometri di spiaggia a disposizione dei cittadini zambronesi e degli emigrati, è rimasto solo qualche metro! Con l'accresciuta domanda turistica, sono aumentati i problemi del territorio. Da anni, ormai, le notti zambronesi, alla marina, sono accompagnate da un fetore insopportabile. La crescita (numerica) dei turisti, accompagnata naturalmente da una terribile cementificazione dell'area più bella del territorio, non ha prodotto sviluppo e progresso. Io sono rimasto solo. Tutti (o quasi) i miei amici sono emigrati. Molti si accingono a farlo, molti saranno condannati a farlo da qui a breve e negli anni futuri. Oggi mi guardo intorno e mi rendo conto che il problema dell'occupazione ha assunto contorni drammatici. Le famiglie impoverite e rattristate dall'emigrazione sono in continuo aumento; e soprattutto, sono sempre le stesse! E allora mi chiedo cosa fa la classe dirigente per impedire tutto ciò. La risposta è molto semplice: niente! Niente idee, niente progetti, niente soluzioni. Eppure se si parla con un qualsiasi amministratore, non mancherà l'elencazione di tutta una serie di iniziative "volte a migliorare Zambrone in tutti i suoi aspetti". Ma questa non è la realtà. Zambrone muore, questa è la verità. Il lavoro manca, l'emigrazione è in crescita, manca un progetto serio, organico e razionale di sviluppo del territorio, la realtà è triste, disperata. Se si ha la disavventura di fare un salto in questo piccolo comune a qualsiasi ora del giorno e della sera, si conoscerà una realtà spettrale. Sembra il paese dei morti viventi.Sembra un paese che non ha più voglia di sorridere, che non ha la forza di reinventarsi, che non crede più in se stesso. Il Centro studi umanistici e scientifici Aramoni, che ho l'onore di presiedere, ha iniziato da oltre un anno e mezzo, a realizzare iniziative mirate alla salvaguardia della nostra storia, cultura e identità. Tutti i dati sulla comunità vengono inseriti nel sito www.aramoni.it. La funzione del sito è proprio questa. Salvaguardare l'identità culturale di Zambrone. Il lavoro del Centro verrà sempre indirizzato verso quest'obiettivo. E' solo una goccia nel deserto della solitudine e dell'indifferenza, ma è tutto quello che possiamo fare.
Corrado L'Andolina
• Pubblicato su “Il Quotidiano” il 5 marzo 2005