Coraijisima nelle parole delle studioso di tradizioni popolari, Andrea Bressi è così descritta: “Dopo le abbuffate del “Martedì Grasso” tra polpette e salsicce, chiacchiere e frittate di ricotta, risate e commozione, muore Carnevale, onorato con cortei funebri, roghi e altri riti ancora in uso in molti paesi della Calabria. Resta il dolore della vedova Coraijisima rappresentata, nell’immaginario popolare, da una vecchia smilza e brutta, dall’aspetto inquietante, avvolta in stracci neri… Sino a quando le Coraijisime (raffigurate da bambole dall’aspetto poco gradevole) restano appese alla finestra o al muro, si rispetta, almeno il venerdì, l’astinenza dalle carni... La Pasqua scacciava via la Coraijisima. La vedova di Carnevale, infatti, nel suo abbigliamento porta con sé un’arancia e sette penne. Un tempo essa veniva appesa sui portali delle abitazioni. Ogni domenica si toglieva poi una penna e ciò fino a Pasqua, la sacra ricorrenza che scacciava, appunto, Coraijisima (terminava così il digiuno quaresimale)”.