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Suor Concetta Colace
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Zambronesi nel mondo
Suor Concetta Colace
UN DIVERSO PUNTO DI VISTA
Concetta Colace é una zambronese che ha percorso la Terra in una maniera un pò inusuale. Ciò comporta un insolito modo di considerare la vita. Come suora della carità, Concetta ha partecipato a diverse missioni in territori appartenenti al cosiddetto Terzo mondo devastati da guerre e carestie e attanagliati da una povertà estrema. Il suo, come si può immaginare, è un altro modo di vedere il globo, probabilmente da una prospettiva inversa rispetto a quella abituale per gli occidentali. Dal suo racconto emerge chiaramente la convinzione, la forza d’animo, nonché la fede che l’ hanno sempre sostenuta nelle sue missioni. Ma c’è posto anche per un autentico e forte attaccamento al suo paese natio e alle sue radici.
Maria Colace
LE MIE RADICI NEL MONDO
Sono nata il 7 novembre 1944, alla fine delle Seconda guerra mondiale. Ultimogenita di quattro fratelli e tre sorelle. Battezzata con il nome di Concetta, il 13 novembre 1944. La mia infanzia è trascorsa serenamente, in seno ad una famiglia profondamente cristiana e praticante. La sera dopo cena, mio padre iniziava la preghiera del santo Rosario, la mamma pregava “ripezzandu”. Amavo molto i bambini. Per questo andavo dai vicini che avevano bambini piccoli, come cummari Pascalina e cummari Micuccia. Confezionavo bambole di pezza e passavo molto tempo a giocare con loro. Queste bambole, preparate con tanto amore, però, duravano poco: i miei fratelli Carru e Peppino, in qualunque posto le nascondevo, riuscivano a trovarle e, per farmi dispetto, le rompevano. Per farmi arrabbiare, mi chiamavano “occhi di gatto”. A scuola ero una frana. Facevo parte della schiera dei ciucci ! Solo dopo tanti anni, con fatica, sono riuscita a liberarmi dalla convinzione, che non ero poi tanto ciuccia … Si fa presto a condizionare mentalmente un bambino o una bambina. Vorrei dire, o meglio affermare ad alta voce, agli insegnanti, ai genitori, agli adulti: non etichettate i bambini. Incoraggiateli, sosteneteli, aiutateli a scoprire il loro talento e, sicuramente, faranno miracoli ! Ancora oggi, mi accompagna il ricordo amoroso, riconoscente, di stima per le persone che mi hanno incoraggiata, sostenuta, dato fiducia, mostrato interesse. Colgo l’occasione per dire loro: grazie! Ho ereditato da madre natura, un’energia che mi spinge ad andare sempre più avanti. Andare dove? Tutti sappiamo che la vocazione è una chiamata. Ognuno di noi è libero di rispondere o meno. Gesù ha detto: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi...” (Giovanni cap.15,16). Chiamata esigente, totalitaria: servire Gesù, nella persona dei poveri, nella congregazione delle Suore della Carità di San Giovanna Antida. Sulla parola di Gesù, come Pietro, ho “gettato le reti”, senza voltarmi indietro, come la brava gente della mia amata terra. Ho preso il largo nell'agosto del 1960. Prima tappa: Reggio Calabria, poi Napoli, Torino, Catanzaro, Cava dei Tirreni, Taurianova, Foggia, cercando di servire Gesù, nella persona dei poveri, nei reparti di pediatria degli ospedali civili. Nel 1983, un’altra chiamata: la missione ad Gentes, in Sudan. Quando sono arrivata a Kartoum capitale del Sudan, ho pensato: “Sono arrivata in capo al mondo”. Qui, è avvenuto un azzeramento! Passato lo shock, ho cominciato a studiare la lingua araba, a conoscere gli usi, i costumi, le religioni. Neanche l’adattamento fisico è stato facile. Il clima di 50 gradi all’ombra, le tempeste di sabbia, le crisi di malaria, dormire all’aperto. Anche a Kartoum ho lavorato nell’ospedale, reparto di pediatria. Il contatto con i sudanesi mi ha fatto gustare la gioia della condivisione, l’ottimismo, la religiosità, la fiducia nella Provvidenza, il forte senso di appartenenza alla grande famiglia, che è la tribù. Loro ripetono sempre: Dio è grande! Grande, è la loro capacità di sopportare il dolore fisico e morale, senza lamentarsi. La maggior parte delle donne sono circoncise, quindi non possono partorire senza episiotomia bilaterale. Dopo due ore dal parto, l’ospedale le dimette. Queste povere donne, con i punti, dopo il travaglio del parto, prendono in braccio il loro “fagottino” e, a piedi sotto il sole, vanno a casa. Da bambina, ho creduto che la mia famiglia fosse povera, a Kartoum ho realizzato che non ci è mai mancato l’essenziale. Tutte le volte che andavo a fare le visite a domicilio, mi sembrava un miracolo la sopravvivenza di questi poveri sudanesi. Le capanne sono completamente spoglie e i suoi abitanti dormono per terra. Una coperta per ripararsi dagli insetti, condivisa da tutti i membri della famiglia. Comprano l’acqua per bere, cucinare, lavarsi, lavare. Quando preparano qualcosa da mangiare chi è presente condivide, “chi tardi arriva - come recita un vecchio adagio zambronese - male alloggia”. Due esempi affiorano nella mia mente mentre scrivo. Una mattina Ali ha detto: “Oggi non mi chiedere di fare nessun lavoro, perché sono stanco”. Gli ho chiesto cosa avesse e mi ha risposto: “Stanotte, non ho dormito perché ieri sera sono arrivato a casa tardi, non ho mangiato niente e, a stomaco vuoto, non si dorme”. Giorgio, un nostro amico, un venerdì è venuto a salutarmi, aveva in mano una busta. Ho chiesto: “Giorgio hai comprato il pesce?” Ha aperto la busta che aveva in mano, erano solo le teste dei pesci, che aveva raccolto vicino alle persone addette a pulirlo, per fare la zuppa ai suoi figli. No comment! Per strada abbiamo sempre trovato aiuto per cambiare la ruota o per altri problemi di macchina. Quasi sempre, dopo aver cambiato la ruota spariva il set, crik e il resto. Dopo uno o due giorni, venivano due ragazzini a venderci i nostri stessi arnesi. Fa parte dello “Sharing” ! In Africa ho imparato che niente nella vita è dato per scontato. Ho imparato a dire grazie, ad essere riconoscente. Tutto ciò che abbiamo è puro dono gratuito. Grazie per l’acqua e per tutte le facilitazioni, che uso con parsimonia, sapendo che ci sono persone che mancano dell’essenziale. A marzo del 2001, ho lasciato Kartoum, per una nuova missione, nel Sud Sudan, precisamente a Raja. Fino a Nyala, siamo andati in aereo, poi abbiamo proseguito il viaggio, con una macchina stracarica di persone, animali, petrolio, oggetti vari. Abbiamo viaggiato tre giorni, in piena foresta. Ammiravo l’abilità dell’autista, un uomo tutto fare: cambio della ruota, riparazione della camera d’aria, riempimento del serbatoio di benzina con un piccolo tubo di gomma e, soprattutto, grande capacità di orientamento. Ci fermavano per passare la notte, in qualche villaggio. I sudanesi sono molto ospitali, condividono con gioia quello che hanno preparato per loro. In un villaggio, abbiamo incontrato un giovane che era stato morso da una iena alla guancia destra. La ferita trascurata si è infettata formando una fistola, comunicante con l’esterno della guancia. Oltre al notevole deturpamento fisico, era costretto, quando mangiava o beveva, a chiudere con la mano, il foro che la fistola gli aveva provocato. Sono passati tanti anni ma non dimentico quel volto. Un altro episodio, ben impresso nella mia mente è la vista di tanti serpenti: di tutti i colori, dimensioni e forme. A volte, famiglie intere attraversavano la strada, l’autista si fermava per lasciarli passare. Grazie a Dio siamo arrivate a Raja. Mi sono trovata nella missione che da sempre ho desiderato. In mezzo alla gente, in semplicità e grande povertà. Lavoravo con grande gioia, nel dispensario unico per Raja e dintorni. La gente era molto contenta, perché si sentiva considerata, amata. Una mattina, mentre stavamo celebrando la santa messa, abbiamo sentito i colpi di cannone e gente arrivare di corsa in chiesa, gridando: “la guerra, la guerra...”. Quando siamo usciti fuori, abbiamo visto la devastazione. Nello stesso pomeriggio, è arrivato l’aereo che ha bombardato Raja, completando l’opera di distruzione. I pacifici abitanti di questa terra sono le vittime silenziose, dimenticate, travolte da un dolore che non si vede, non si ascolta in tv, non si legge sui giornali. Poi è arrivato anche per noi, l’ordine di partire. Con grande pena, abbiamo dovuto lasciato Raja. Un nuovo appello, l’India del Sud, nella regione del Tamilnadu. Anche questa missione, di breve durata, perché mi hanno rifiutato il visto di residenza. Ed eccomi in Etiopia, nel nord est, nella regione del Tigri, ai confini con l’Eritrea e il Sudan. L’Etiopia è un Paese di antichissima cultura e tradizioni. Axum è la città della regina di Saba. L’Etiopia è riconosciuta come uno dei paesi più poveri del mondo. A questa realtà, si aggiungono le conseguenze della guerra, la mancanza d’istruzione e di formazione. Le tradizioni sono molto rispettate, per esempio: asportare l’ugola ai neonati, la circoncisione, il rifiuto dei farmaci iniettabili, etc. Le comuni malattie per gli etiopi diventano letali, a causa del deperimento fisico e della denutrizione. La tubercolosi e l’Aids mietono molte vittime. Stiamo organizzando una clinica, accogliamo tutti, ma riserviamo un’attenzione particolare ai bambini orfani, malnutriti, le cui mamme sono affette da tubercolosi o Aids. Oltre che per il deperimento organico, le mamme non allattano per non contagiare i bambini. È veramente emozionante, incoraggiante vedere questi bambini aumentare di peso, crescere, recuperare forze, salute e sorriso. C’è più gioia nel dare che nel ricevere. Se volete provare la gioia di offrire una scatola di latte per un bambino, il Guigoz 1 costa 10 euro. Se riuscite ad arrivare alla fine della lettera siete veramente bravi! Con San Paolo, oso dire: “Per grazia di Dio sono quello che sono ... ho faticato, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (1 Corinti cap. 15,10)”. Onore, gloria, azione di grazie, benedizione, al nostro Dio e Padre, che vive e regna, nei secoli dei secoli, amen. Saluto con affetto e gioia tutte le persone del mio amato paesello, in particolare la redazione che mi ha offerto questa bella opportunità e di dire: vi voglio bene! Il Signore vi benedica e vi custodisca nel Suo immenso, infinito amore.
Concetta, da religiosa
Sr Costanza Colace
Associazione culturale Aramoni - Storia e tradizioni del popolo di Zambrone
frazione San Giovanni, Viale Antonio Gramsci numero 3 - 89867 Zambrone (VV) - Italia