Martedì, 15 Dicembre 2015 01:20
Querelle reperti museo: il caso di Zambrone e della statuetta micenea spostata a Reggio
di TIZIANA ADAMO
Correva l'anno 2013, su Zambrone si posava lo sguardo di studiosi, storici, ricercatori, mentre le mani scavavano, cercavano, ritrovavano con grande stupore, enorme meraviglia, immensa curiosità.
Dalle viscere della terra riaffiorava la storia e, oltre ad una notevole quantità di frammenti di ceramiche micenee tornite e dipinte, ritornava in superficie una statuina eccezionale. Un oggetto assolutamente unico, la più antica rappresentazione della figura umana con caratteri naturalistici mai trovata in Italia.
«Una vera e propria opera d’arte – si disse allora - forgiata secondo i canoni della civiltà minoica dell’età dei cosiddetti Secondi Palazzi, realizzata in avorio di elefante e raffigurante un uomo in piedi con la gamba destra leggermente avanzata, con la parte superiore del corpo inarcata all’indietro, e con i pugni poggiati sui due lati del torace».
Un prodotti di avorio di elevata qualità, «rarissimo persino a Creta e Micene» tanto da far pensare che Zambrone, proprio perché custode di un «manufatto di alto valore simbolico e religioso utilizzat soltanto all’interno dei centri del potere dell’Egeo», fosse stata in passato legata in qualche modo a quella civiltà.
Così si iniziano a fare ipotesi, si portano avanti gli studi e, addirittura, si convoca una conferenza stampa per annunciare e sottolineare la rilevanza della scoperta. Oltre al professore Marco Pacciarelli, docente all’università Federico II di Napoli, ed a Reinhard Jung, ricercatore dell’università di Salisburgo, all’appuntamento con i giornalisti si presenta anche Iannelli nel suo ruolo di direttrice del museo di Vibo. E’ qui che poco dopo che si creerà una teca in modo che la statuina possa essere osservata da tutti, finché un giorno, però, la stessa non “prende” il volo per il museo di Reggio Calabria.
A Zambrone, evidentemente, nessuno sa ancora nulla, non si spiegherebbe altrimenti il silenzio registrato sino ad oggi mentre gli altri centri “derubati” hanno già annunciato proteste ed azioni eclatanti per riuscire a riavere il maltolto partito alla volta di Soriano.
Eppure Zambrone alla sua storia ci tiene, ne va fiera, orgogliosa, perché mai avrebbe dovuto lasciare che un reperto così prezioso, che riscrive la storia della colonizzazione della Calabria, andasse in una altra città e per di più fuori dalla provincia d'appartenenza?
Una domanda, alla quale di certo non tarderà ad arrivare la risposta, mentre anche nella vicina Tropea, a sua volta dotata di un museo con una propria sezione di archeologia, il sindaco Giuseppe Rodolico ha inviato una lettera al ministro Dario Franceschini ed al direttore generale Gino Famiglietti per chiedere la «revoca immediata del provvedimento di affido fatto dalla ex direttrice al Comune di Soriano senza intoppi burocratici e con una rapidità sorprendente a fronte delle defaticanti azioni vessatorie che le sovrintendenze impongono ai cittadini ed agli enti locali».