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Sindaci di Zambrone
Antonino Collia
Continua l’indagine sui grandi personaggi del passato che hanno lasciato un’impronta nella storia locale.
Antonino Collia, nato a Zambrone il 6 agosto 1890 e ivi deceduto l’1 gennaio 1968, è stato il secondo sindaco della locale comunità nell’era repubblicana. Più precisamente, ha ricoperto tale carica dal novembre 1947 al 5 maggio 1952. Il rinvenimento della fotografia è merito esclusivo del tenace lavoro di Grazia Casuscelli. L’approfondimento della ricerca di questi dati, non è fine a se stessa. Da un lato, in tal modo, si preserva la memoria storica zambronese. Attraverso una rigorosa e scientifica ricerca storica, politica, sociale e antropologica. Perché un paese senza memoria è destinato alla scomparsa. Dall’altro, si cerca di stimolare la cittadinanza verso la partecipazione alla vita pubblica.
ANTONINO COLLIA
IL SINDACO DELL’AUTONOMIA E
DELL’IDENTITÀ ZAMBRONESE
Nel novembre del 1947, esaurita le gestione commissariale, si tennero le elezioni amministrative dopo poco più di un anno dalle prime, che avevano visto l’inaspettata vittoria delle sinistre e la elezione di un sindaco comunista. Ma già alla fine di quell’anno la musica era cambiata. In lizza soltanto due liste, la Democrazia cristiana e una formazione civica ispirata dalla destra. La Dc era stata il primo partito a organizzare la sua presenza sul territorio Vibonese. Fiancheggiata dalle rinate Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (Acli), trovò nel mondo contadino il naturale riferimento dimostrando concretezza e conoscenza dei bisogni, oltre che capacità di parlare alla gente. Le Acli organizzarono i primi dopolavoro, creando piccole strutture alla buona e senza pretese. Anche a Zambrone ne nacque uno, la cui gestione fu affidata a Mario Calvi e Corrado L’Andolina. Il ritrovo permetteva di incontrarsi per giocare a carte, qualche giro di padrone e sotto a base di vino e gassosa, qualche briscola. Non ebbe vita lunga. Chiuse per fallimento dopo un anno. Mi fu raccontato, in epoca successiva, che mentre i consumi erano alti, gli incassi rimanevano bassi per la tendenza di molti avventori a rinviare il pagamento delle consumazioni ! Il merito del nuovo che irrompeva nella nostra realtà fu d’uomini come Vito Sanzo e Vito Galati, destinati, per conto della Dc, al Parlamento, dove svolsero, come esponenti del meridionalismo cattolico, un’intensa attività per la loro regione. Entrambi provenienti da San Nicola da Crissa, entrambi formatisi all’ombra dell’associazionismo cattolico, furono tra i primi ad organizzare il partito, avvalendosi soprattutto all’inizio, dell’azione di assistenza e promozione sociale delle Acli. (Fino a pochi anni fa la figura del catanzarese avvocato Napolitano, vecchio esponente di quell’associazione, era assai popolare tra gli anziani di questo paese). La Dc seppe coordinare con saggezza e intraprendenza azione politica e azione sociale e, con il sostegno delle parrocchie e l’abile propaganda anticomunista, conquistò le masse. Si aggiunga l’azione instancabile e intelligentemente popolar-religiosa dei missionari Padri Redentoristi e si spiega, così, il risultato nonché la solidità delle radici piantate dalla Dc in quegli anni. La sinistra mancava a Zambrone di quadri politicamente formati né i due partiti che la costituivano (il Pci e il Psi) si mossero per trovare, nel modesto ceto medio presente, elementi per la loro penetrazione. Non così la Dc, che trovò subito proprio nel ceto medio i quadri cui affidare la direzione politica locale. Ricordo, tra questi, Eugenio Iannello (detto Alfonso), Carlo Cognetto (il vecchio impiegato comunale, da tutti conosciuto e rispettato) il vecchio Antonio Muggeri (che operava nella piccola frazione Madama), il professore Francesco Carrozzo, con Miche Pietro Provenzano, con le carte da firmare. Ricca e tutta piena di risvolti assai gustosi, l’aneddotica legata a quel periodo. Protagonista in primis, Don Nino Collia, con la sua apparente disattenzione ai problemi; in realtà, invece, assai attento, capace di vigilare anche da lontano, ricco di buon senso contadino e pronto a comprendere le ragioni di tutti. Sapeva fidarsi e affidarsi ai suoi collaboratori. Una delle sue espressioni preferite era “Fate quello che volete purché non mi mandiate in galera!” che, trascritta in lingua italiana, perde tutta la sua efficacia, ma pronunciata con il suo vocione ricco di inflessioni locali suonava come un avvertimento a non creare problemi di fronte ai quali non si sarebbe trovato a suo agio. Ed in effetti fu quella di don Nino, l’epoca delle grandi speranze, della ricostruzione dell’identità del paese e dell’ autogoverno. Il vecchio sindaco contadino ebbe il merito di sganciare definitivamente la cittadinanza dalla soggezione a vecchi notabili forestieri e di proiettare l’attività dell’ente nella realtà del suo tempo. Fu quello il periodo in cui fiorirono molti progetti, primo fra tutti quello che portò ai primi interventi di consolidamento idrogeologico del territorio ed ai primi lavori (poi rivelatisi insufficienti) sul Palombaro. Il Palombaro era il punto nevralgico della strada che portava alla stazione e le continue frane minacciavano il permanente isolamento del centro abitato, tanto che la gente era costretta a servirsi di un altro percorso, altrettanto pericoloso. Don Nino, aiutato da Carlo Cognetto, Corrado L’Andolina, Eugenio Iannello e Menotti Panella, avviò la politica della casa, che in pochi anni avrebbe causato un massiccio intervento dello Stato con la costruzione dei primi alloggi Unrra Casas a Zambrone e a San Giovanni. Si sforzò di rappresentare le nuove esigenze associative e fu tutto un fiorire di iniziative aperte ai nuovi tempi. Un uomo, insomma, che rifondò il paese e che rimane il simbolo dell’autonomia e dell’identità zambronese.
Salvatore L’Andolina
• Pubblicato su Cronache Aramonesi al l’anno III N. 4 settembre 2007
Associazione culturale Aramoni - Storia e tradizioni del popolo di Zambrone
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