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La storia di eroi in fuga per ragioni politiche
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Emigrazione
La storia di eroi in fuga per ragioni politiche
Il principale vizio dei sociologismi é quello di spalancare le porte al costruttivismo e all’arbitrarietà. Essi inventano categorie inesistenti come “nazione”, “comunità”, “emigrati calabresi” e poi le spacciano come dati scientifici inoppugnabili. La degenerazione della retorica, invece, costituisce il presupposto per il trionfo dei luoghi comuni e delle banalità. Esistono dati, elementi e circostanze legate all’emigrazione calabrese, sottaciute o scarsamente analizzate, proprio a causa della retorica stracciona e delle elucubrazioni intellettualoidi di chi non pensa di andare a fondo nella ricerca della verità. Per tutto il secolo scorso, fino all’instaurazione della Repubblica italiana, molte persone furono costrette ad abbandonare la loro terra solo ed esclusivamente per motivi politici. La schedatura avveniva ad opera delle autorità governative italiane che la trasmetteva a quelle argentine. Noemi Pini è un medico argentino di origini italiane che non ha mai reciso i collegamenti con la sua terra d’origine. Il nonno, infatti, Domenico Casuscelli, classe 1874, di Zambrone, emigrò in Argentina nei primi anni del Novecento. Da una sua ricerca è emerso un elenco di tanti uomini “condannati” ad abbandonare il luogo di nascita. Per molti di loro, veniva annotata una classificazione di stampo politico. La circostanza è assolutamente significativa, specie se si considera che i dati provengono dal “Casellario politico centrale”. Da essa, infatti, si desume la sussistenza di due indissolubili elementi. Il primo: il ruolo politico svolto era stato determinante a spingere il malcapitato oltre oceano. Di certo, la concausa diretta o indiretta di una scelta decisamente dolorosa. Il secondo: l’intelligence (si fa per dire …) italiana e quella argentina, probabilmente, operavano in simbiosi, per controllare e soffocare le libertà civili e democratiche. C’è poi un altro fattore che vale la pena sottolineare ed è l’estrazione sociale degli oppositori al regime (quello sabaudo prima e fascista poi). Trattasi, tranne rarissime eccezioni, di contadini e ancor di più artigiani. Un dato che conferma la realtà socio-politica calabrese del tempo. L’aristocrazia feudataria era ormai assopita in una sorta di letale oblomovismo. La borghesia, invece, non irradiava alcuna luce su un contesto già di per sé opaco, povero e malconcio. Vien proprio da pensare che da queste parti, la storia sembrerebbe ripetersi con periodica ciclicità. A questi uomini non verrà mai dedicato un museo o un teatro; forse, nemmeno una via o una strada interpoderale. Nemmeno un seminario, in un Paese che, notoriamente, è un convegnificio permanente. Eppure sono proprio loro, i tanti eroi di una Calabria diversa che sfugge alla retorica parolaia per offrire un modello civile e culturale sempre valido ed efficace. La libertà, si dice, non ha prezzo. Ma così non é. La libertà ha sempre un prezzo. Si é disposti, però, ad assumersene i costi? Tanta povera gente vibonese, in un remoto passato, ha risposto positivamente. Un esempio di coraggio, generosità, tensione ideale da fare accapponare la pelle. La vittoria delle forze anglo-americane sul nazifascismo e l’introduzione della Costituzione hanno restituito agli italiani la libertà. Ma la libertà è, prima di tutto, una condizione dello spirito. La Carta costituzionale e le condizioni materiali possono ampliare o restringere i margini di libertà. Ma alla fin fine, essere liberi o meno, è una scelta, spesso pagata duramente. La massiccia presenza di anarchici non può passare inosservata. Evidentemente, le idee di Bakunin furono un vero e proprio balsamo e trovarono terreno fertile in una realtà aspra e soffocante quale si configurò la provincia di Vibo Valentia dall’Unità d’Italia fino al 1946. Un’ultima annotazione. Dalla ricerca si evince che furono i socialisti a pagare il tributo più alto alla causa della libertà. Ciò induce a una riflessione. L’elaborazione di nuove identità politiche è più che legittima. Rimuovere quelle antiche, però, in alcuni casi risulterebbe delittuoso. In altri, invece, ciò implica la definizione di un processo culturale e politico da perseguire senza se e senza ma.
Corrado L’Andolina
La resistenza della libertà
LA LISTA DEGLI SCHEDATI
I ventisette sul “Casellario politico centrale”
Cosa legava il bracciante di Pizzoni al farmacista vibonese durante i primi decenni del secolo scorso? Praticamente nulla. Se si sfoglia, però, un elenco rinvenuto nel Casellario politico generale del secolo scorso, si scorge un sottile filo conduttore. Trattasi di un anelito di libertà capace di sfidare ogni sorta di angheria. Un antifascismo e prima ancora un antisabaudismo militante che nella provincia di Vibo Valentia, legata nell’immaginario collettivo a una tradizione destrorsa e conservatrice, sembrava inesistente. Non si tratta di scelte assurde, compiute da personaggi all’epoca giudicati dai benpensanti un po’ folli. Piuttosto, di vere e proprie sacche di resistenze attive, immediatamente represse dalle illiberali autorità governative dell’epoca. Una vicenda relegata ai margini di una società che con la libertà ha sempre avuto un rapporto problematico. Giustino Fortunato ha definito l’attività di questi “resistenti” come: “La rivoluzione silenziosa dei calabresi”. Questi, i ventisette nominativi di alcuni vibonesi emigrati in Argentina e schedati nel Casellario politico centrale italiano per le loro scelte politiche: Antonio Ballone classe 1859 di Pizzoni, bracciante, anarchico; Carmine Barbara, 1893, Nicotera, facchino, anarchico; Antonio Barbieri, 1909, Pizzo, fabbro, anarchico; Vincenzo Campenni, 1881, Nicotera, sarto, comunista; Luigi Campisi, 1907, San Costantino Calabro, impiegato ai telefoni radiato, comunista; Angelo Carmuccio, 1876, Pizzo, farmacista radiato, socialista; Ilario Antonio Ciancio, 1896, Fabrizia, contadino, anarchico; Gaetano Colloca, 1877, Mileto, contadino, gassista, anarchico; Salvatore Costantino, 1906, Nicotera, contadino, comunista; Carmelo Di Capua, 1900, Nicotera, pescatore, anarchico; Francesco Falabella 1893 Vibo Valentia, orologiaio, socialista; Fortunato Foti 1908 Nicotera, barbiere, anarchico; Gaetano Genovese 1879, Pizzo, pittore, anarchico; Eugenio Iorfida, 1880, San Leo di Briatico, calzolaio, anarchico; Alfonso Lo Gatto 1886, Vibo Valentia, falegname, anarchico; Mercurio Muzzupappa, 1907, Ioppolo, marmista, comunista; Camillo Americo Napoli, 1903, Vibo Valentia, perito commerciale, socialista; Michele Napoli, 1889, Vibo Valentia, farmacista, socialista; Antonio Francesco Pagano, 1887, Nicotera, calzolaio, anarchico; Sante Pagano, 1881, Calimera, operaio, anarchico; Giuseppe Pagnotta, 1875, Filandari, operaio, anarchico; Francesco Antonio Pirosi, 1869, Pizzo, muratore, socialista; Francesco Rubino, 1900, Nicotera, socialista; Michele Sabatino, 1907, Mileto, bracciante, comunista; Carmelo Saccomanno, 1883, Ioppolo, negoziante, antifascista; Alfonso Spinoso, 1901, Nicotera, contadino, comunista; Antonio Spinoso, 1900, Nicotera, muratore e calzolaio, socialista; Fortunato Stillitani 1907, Filadelfia, fotografo, comunista; Francesco Tutino, 1900, Rombiolo, muratore, socialista.
c.l.a.
I personaggi
GRANDI UOMINI GIA’ DIMENTICATI
Gli emigrati per motivi politici spesso continuarono le loro lotte anche oltre oceano. Il fenomeno è stato oggetto di studio da parte di Emilia Bruno, Marcella Bencivenni, Oscar Greco, Katia Massara, coordinato da Amelia Paparazzo che ha pubblicato i dati raccolti nel saggio “Calabresi sovversivi nel mondo” edito Rubettino. Il Casellario politico centrale dagli anni ’80 dello ‘800 al 1937-1938 segnala 288 anarchici calabresi in terra argentina. Uno dei più attivi è il barbiere di Nicotera Fortunato Foti, che militò nei gruppi argentini d’ispirazione anarchica “Umanità Nova” e “Sorgiamo”. Anche Rosario Cerantonio, calzolaio di Vibo Valentia, fuggito per sottrarsi al mandato di cattura che lo classificava come “sovversivo”, partecipò attivamente alla vita politica del Paese ospitante. L’impegno nella direzione del radicalismo, ebbe poi in Francesco Barbieri (detto Chico) un illustre rappresentante. Egli nacque il 14 dicembre 1895 in San Costantino di Briatico. Proveniente da una famiglia benestante emigrò in Argentina nel 1914. Ritornò presto in Italia per partecipare alla Prima guerra mondiale. Di rientro dal fronte, iniziò a frequentare Antonio Pietropaolo, da Briatico, indefesso propugnatore delle idee bakuniniane. Nel 1921 ritorna in Argentina, dove fonda, insieme a Di Giovanni, Sarfò e Rossigna, il movimento anarchico “L’impulso”. Storie che appaiono piccole per la loro distanza storico-geografica che hanno avuto, in realtà, come protagonisti, uomini giganteschi …
c.l.a.
• Pubblicato su Calabria Ora il 20 giugno 2008
Associazione culturale Aramoni - Storia e tradizioni del popolo di Zambrone
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