Drapia. Tre anni fa il decesso
LAURETTA PUGLIESE. UNA MORTE ANCORA SENZA UN PERCHÈ
San Giovanni Bosco ha scritto: «L’allodola continua a cantare anche quando il ramo sul quale sta, comincia a muoversi perché sta per spezzarsi, perché sa di avere le ali». La rottura traumatica del ramo sul quale poggiavano le allodole della famiglia di Lauretta Pugliese, le ha confinate nel silenzio. Una condizione di tragica disperazione che ha ammutolito la voce ed ha trasferito parole e pensieri nella sfera dei ricordi. Sulle cause del decesso di Lauretta Pugliese, avvenuto il 12 ottobre 2011, esiste un processo giudiziario che stabilirà se si sia trattato di una casualità o di un caso di malasanità. Il bisogno di verità giudiziaria, indipendentemente dall’esito, non soddisferà mai quello sui tanti perché. Una perdita così grave, d’altronde, non ha nulla che possa essere razionalmente accettato o compreso. I perché rimarranno ignoti, come costante resterà il dolore, lancinante e totalizzante. Ma le allodole piano piano ritorneranno al canto, perché hanno la voce della speranza e la fede nel Risorto. Un canto destinato ad essere lieve, ma nitido come l’affetto che sopravvive ad ogni cosa, anche alla morte. La consapevolezza di avere le ali non può che indirizzare le allodole verso nuovi orizzonti che porteranno con sé il vecchio mondo, cantato in tutto il suo splendore. I motivi che ispireranno questo canto saranno dati dai sentimenti che continueranno ad albergare nel loro cuore. Fatti, episodi che risplendono di una nuova luce. La scomparsa di un congiunto genera smarrimento, a volte offusca persino la voglia di vivere. Le giornate a tratti sembrano vuote e desolate. Pare non esserci alcuna voglia di spiccare il volo e di mettere in azione le corde vocali. Eppure, il superamento delle contingenze sospinge verso la vita, intesa nella sua accezione più alta, nobile e per molti versi misteriosa. Gli anziani sostengono che si diventa veramente adulti solo con la perdita di un genitore. I piccoli dell’allodola sono diventati “grandi” prematuramente; la malasorte ha deciso d’imperio e irreversibilmente. Ma hanno ricevuto due doni da chi ha dato loro la vita. Innanzi tutto la voce che si esprime attraverso le parole; strumenti per dare forma e sostanza ai moti dello spirito, dove lo strazio cede piano piano il passo alla tenerezza. E le ali, appunto, perché possano volare alto e superare le difficoltà della quotidianità. Un volo necessario per oltrepassare le immani difficoltà della tragedia e riappropriarsi del loro destino. Il ramo non potrà più essere riposizionato nella sua originaria ubicazione. La natura ha le sue regole, inderogabili e talvolta ingiuste. Ma l’albero continuerà a crescere, a rifiorire. Le foglie secche dell’autunno, molto presto cederanno il passo alla fioritura e a nuovi rami. E su questi ultimi si posizioneranno altre allodole, alle quali si parlerà di chi ha vissuto prima e a cui occorrerà insegnare a volare ed a cantare. Un chiaro inno alla vita è l’insegnamento dolce dell’allodola madre.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Il Quotidiano l’11/10/2014, p. 27