POLITICA LOCALE: LA LEZIONE DI SUAREZ
L’estate crea crisi d’astinenza da calcio. E allora la mente torna al recente mondiale e all’episodio più curioso che lo ha segnato: il gesto (poco ortodosso) dell’attaccante uruguaiano… Ghigno malefico o consapevolezza di una bravata? Forse la giusta risposta non è né l’una, né l’altra. L’espressione di Suarez dopo il morso a Chiellini lasciava invece immaginare la presenza inopportuna di una spalla all’altezza della sua arcata dentale. Il morso di Suarez, però, ha avuto un grande merito: dare un senso a una partita che difficilmente sarebbe stata consegnata agli annali del calcio per il gioco. Il gesto di Suarez è interessante. Un mix d’infantilismo, furbizia, orgoglio, grinta, irriverenza, sofferenza, insofferenza. Un morso che unisce nella condanna generalizzata i cultori del perbenismo e i fautori della buona creanza. Eppure, quel morso è rivelatore di un istinto mai del tutto sopito che rinvia alle origini del popolo uruguaiano. I Charrúa, infatti, sono l’etnia aborigena da cui deriva l’identità uruguayana. La fame… di rivalsa verso gli invasori forse mai del tuto sopita. Al limite del ridicolo o del patetico la reazione del “roccioso” difensore italiano che dalla sua espressione sembrava avesse patito chissà quale infernale castigo. La vicenda, invero, può essere un utile spunto per comprendere la politica locale. La sua proposta è ancora più noiosa del gioco (in)espresso dagli Azzurri all’ultimo mondiale. Se l’obiettivo della politica è marciare verso uno sviluppo consapevole, in gergo calcistico fare goal, si può serenamente affermare che di tiri in porta… neanche la più pallida ombra. Manca una progettualità che superi i limiti angusti (sempre più angusti) del visibile orizzonte. Il tiqui-taca, poi, si è rivelato del tutto improduttivo. Le piccole schermaglie presenti in seno ai simulacri dei partiti superano, nel loro grigiore, anche la più cupa giornata autunnale. Certo, si può invocare qualche errore nella formazione. Ma chi sarà mai il selezionatore? Lo chiamano corpo elettorale. E poi non mancano, come da prassi, le invettive contro l’arbitro e il conseguenziale vittimismo. Un atteggiamento italiota consolidato che da queste parti ha messo radici profonde. Si aggiunga la presenza di sedicenti campioni giunti a fine carriera demotivati e appannati. Accade nel calcio e anche nella politica vibonese. L’azione politica locale, insomma, langue. Si consuma tra sterili polemiche e un dibattito ancora più potente del valium! Servirebbe qualcosa di dirompente. Un morso alla Suarez… Uno stimolo a uscire fuori dagli schemi, un colpo basso incapace di produrre risultati immediati ma che faccia ridere, parlare, commentare, litigare, proporre, difendere, accusare. Un morso capace di destare sensi e menti sempre più intorpidite da una routine che registra, giorno dopo giorno, la scomparsa di qualsiasi sussulto e interesse verso le sorti della res pubblica. Un morso che rimandi alla vitalità, a tratti rozza, ma audace, fiera e coraggiosa tipica dei Bruttii. La libertà d’altronde, non è una gentile concessione di forze terrene o una grazia celeste, ma una conquista difficile, da difendere come recita il brocardo popolare: “Con le unghie e con i denti”. Urge un morso che stimoli fantasia e ironia. Insomma, dopo cotanta asserita razionalità, occorre un colpo di reni, anzi di testa, anzi, di denti… che afferri la preda della noia e dell’inconsistenza per scaraventarla nel mondo del ridicolo. Insomma, un morso catartico che faccia urlare, drizzare i capelli e scompaginare l’ordinarietà. Il Vibonese, infatti, a furia di compassati ragionamenti è sulla via dell’estinzione. Un morso che mediante un ritorno a peculiarità ancestrali consenta un progresso della specie… politica.
Corrado L’Andolina