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Qualcosa in cui credere
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Editoriale
Qualcosa in cui credere
Sarebbe cosa veramente buona e giusta che con l’avvio del 2009 la locale classe politica si desse una regolata. Tranquilli, non si tratta della solita giaculatoria d’inizio anno, ma esattamente del suo contrario. E allora si vada subito al sodo. Basta con i sindaci che distribuiscono doni. Di Babbo Natale ce ne è soltanto uno e non ha bisogno di emuli. I “pacchi” per i poveri nella loro stessa definizione recano un quid di beffardo; ergo, meglio lasciar perdere. I tempi della famigerata Eca (ente comunale di assistenza) sono passati. A dispetto della crisi economica non torneranno. La povertà è una brutta bestia, mai, però, quanto la carità pelosa. In merito ai “regalini” per i bimbi serve concretezza. Ad esaudire ogni desiderio dei pargoli ci pensano già genitori, nonni, zii, padrini, madrine e impiccioni vicini di casa. Con quale diritto il sindaco si arroga la prerogativa di entrare in questa già numerosa tribù ? Le scuole, inoltre, sono luoghi sacri. I non addetti ai lavori dovrebbero entrare in punta di piedi e solo per ascoltare. Se lo si fa con spirito “piacione” e buonista si commette un peccato gravissimo. Basta con le opere di beneficienza sbandierate ai quattro venti. Fra l’altro, nella circostanza, il sorriso dell’assessore non irradia luce intensa. Cessino anche le azioni “onorevoli” debitamente pubblicizzate a mezzo stampa. La carità si nutre di un inderogabile presupposto: la discrezione e comporta sacrifici e restrizioni. Sacrifici da realizzare col proprio portafoglio e restrizioni della propria libertà. Insomma, si ponga fine a tutto ciò che a torto o a ragione appare (ed è) melenso. E ancora stop alle “conferenze di fine anno”. Ognuno, chissà perché, si sente in diritto di fare un consuntivo delle mirabolanti opere prodotte durante l’anno solare. Francamente, il loro contenuto interessa davvero qualcuno ? Semaforo rosso anche agli auguri indiscriminati, talvolta formulati a mezzo pubblico manifesto. Alla “ggente”, direbbero i romani “non gliene può importà de meno”. E ancora, stop ai messaggi e messaggini di Capodanno. Agli auguri prestampati con tanto di firma autografa della segretaria spacciata per quella del capo. Al bando, infine gli “auguroni” e “i migliori”. Trattasi di formule augurali stucchevoli. Una classe dirigente seria (anziché seriosa) non può permetterselo. Nessuno ha affrontato il delirio della società contemporanea come Jean Baudrillard, il quale con estrema lucidità comprese il suo vero male: “Non possediamo più obbiettivi in cui non credere, perché è di vitale importanza -forse ancor più che vitale- avere cose in cui non credere”.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 3 gennaio 2009, p.34
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