giornata della memoria
AL CAMPO DI FERRAMONTI PER RICORDARE LA SHOAH
ZAMBRONE - Il “Museo della Memoria” a Ferramonti di Tarsia è nato con lo scopo di preservare e diffondere il patrimonio storico del campo di concentramento. La corposa collezione del museo è costituita da documenti, foto degli internati, schede della polizia, lettere dei familiari, oggetti personali. Le vicende del campo sono raccontate in un percorso che si snoda negli antichi padiglioni ristrutturati. Nell’ambito delle riflessioni riservate al “Giorno della memoria” l’Istituto comprensivo di Briatico-Zambrone, diretto da Giovanna Pileggi, ha organizzato, per lo scorso venerdì, una visita al campo di concentramento calabrese. Ad essere coinvolte le quinte classi della scuole primarie e le classi terze delle scuole secondarie di primo grado. Queste le sensazioni di un ragazzo zambronese della terza classe, scuola secondaria di primo grado: «Dopo avere letto “Il diario di Anna Frank” ho capito quanto sia importante orientare la ragione verso il bene e combattere con ogni energia il male. La Shoah è stato il male assoluto». Un’allieva della quinta classe, scuola primaria di Zambrone ha poi aggiunto: «L’insegnante Anna Collia ci ha spiegato cosa sia stata la Shoah e le tragedie collegate alla persecuzione degli ebrei. La visita al museo di Ferramonti ci ha offerto l’opportunità di pensare a quanti hanno sofferto per la cieca violenza di uomini folli e malvagi». La storia del nazi-fascismo è una sequela di orrori immani. Non era mai accaduto, infatti, che una nazione (tedesca) della civilissima Europa programmasse lo sterminio di un’intera popolazione, quella ebraica. Nei campi di concentramento finirono anche prigionieri di guerra sovietici, oppositori politici, Rom, Sinti, Jenisch, testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali, malati di mente e portatori di handicap. Non vennero neanche risparmiati i ragazzi e i bambini. Tra gli eccidi più drammatici quello che si consumò in Serbia tra il 21 e il 23 ottobre 1941, precisamente a Kragujevac. I tedeschi uccisero settemila civili, tra cui un’intera scolaresca ginnasiale. Oppure, la terribile realtà di Terezin, dove quindicimila bambini ebrei vennero internati nei lager, uccisi nelle camere a gas e bruciati nei forni crematori di Auschwitz. Ricordare tutto ciò non significa soltanto porre l’attenzione sulla più grande tragedia del secolo passato. Ma un modo per educare gli uomini e le donne del domani alla strenua e incondizionata difesa dell’umanità che significa, innanzitutto, libertà e vita.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su L’ora della Calabria il 4 febbraio 2014, p. 28