il corsivo
ELOGIO DELLA SALSICCIA. FRESCA O STAGIONATA AL SAPORE DI CALABRIA
Salsicce: una delle cose buone della Calabria. Quelle grosse, tradizionali, purissime. Gusto impareggiabile. Specie se la vittima da cui prendono vita era un divoratore di cibi tradizionali. Ovvero: avanzi di cucina, ghiande, crusca e grano. Robuste, accattivanti, irresistibili. Semplicemente, uniche, maestose. Salsicce piccole: un’invenzione recente che va incontro ai palati più delicati. S’insinuano innocentemente nelle raffinate fauci dell’assaggiatore. Ma una volta accasate, mettono a nudo il loro gusto irrefrenabile; astute. Salsicce piccanti, anzi piccantissime: il vero insaccato del Poro, area Spilinga e dintorni. Cattive, toste, aspre. Concepite per gente dura, per uomini e donne che non vanno per il sottile. Buone forchette che sfidano i pericoli creati dalla gastronomia locale. Stimolo verso la vitalità. Impongono un vero e proprio revisionismo a chi pensa, incautamente, che la vita sia insapore e incolore. Guerrafondaie. Salsicce arrosto: calde, fumose, odorose, ben cotte. Il suo cuoco esercita un vero e proprio culto. Non può concedersi distrazioni, non si può intrattenere in amabili conversazioni, poche battute pronunciate con solennità quasi sacerdotale. Salsiccia, ovvero pezzo ben rodato dalle massaie e dai cuochi nostrani. Classiche. Salsicce bollite: roba da famigliola che però non sfugge alle tentazioni della gola. Domestiche. Salsicce al sugo: cucinarle non è semplice. Richiede una mano felice. Guai a fare una sorta di pizzaiola in formato diverso. Poliedriche. Le salsicce non hanno molti amici e compagne. Le uniche o tra le poche, sono sicuramente le patate. Non disdegnano i peperoni, specie se arrostiti. E i fagioli. Oltre, naturalmente, il corposo vino della provincia vibonese. Un’accoppiata che denota forza e amicizia d’altri tempi. Frequentazioni, pertanto, accuratamente selezionate. Solitarie. Per la loro forma si prestano a battutacce e doppi sensi. La loro capacità allusiva è intrinseca alla inconfondibile forma. Ma la salsiccia, a dispetto di ciò, è sostantivo femminile. Una beffa, per i portatori integrali di banalità. Anticonformiste. La salsiccia ha una storia bimillenaria. All’origine fu denominata “lucanica” per ricordare la sua origine lucana. Ma in Calabria le salsicce diventano un vero e proprio culto. Una sagra senza salsicce, ad esempio, è come un piatto di spaghetti senza sale; insignificante. E una grigliata senza salsicce è come una cena luculliana senza amici. Orientate alla socievolezza. Le salsicce sono le testimoni di un fatto insolito; la dieta mediterranea, infatti, ripudia i grassi. La classica eccezione che conferma la regola. Un’esperienza singolare. Nemiche giurate del colesterolo. Impavide. I sofisticati assaggiatori rimuovono la sottile pellicola che le avvolgono. Molti, invece, le ingurgitano per intero, senza troppi complimenti. Fatto che non suscita alcuna riprovazione. Rustiche. Un unicuum composto da elementi frammentati, origine di proverbiali espressioni del tipo: “Fare salsiccia”. In calabrese significa ridurre una cosa in pezzettini minuscoli, tali da rendere irriconoscibile l’origine. Allegoriche. Per definirne i contorni viene in mente una vecchia battuta pubblicitaria: “Il gusto pieno della vita”. L’ignaro consumatore non sa di preciso cosa contenga la salsiccia. Le papille gustative, però, non si sottraggono quasi mai alla verifica circa la sua bontà. Le salsicce catturano i sensi e conquistano anche i convitati più riottosi. Fatali.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su L’Ora della Calabria il 6 settembre 2013, p. 28