Zungri - I ragazzi del 99
Qual è la domanda che scioglie di più il cuore di ogni emigrato? Questa: «Scendi per la festa?». Che poi, scritta così, in italiano, perde tutta quella musicalità di cui solo il dialetto è capace. «A st'annu, ad agustu, scinni pa' a festa?», o anche «Pa' a Madonna ci si'?». La parola Madonna basta da sola. Non serve altro. Non c'è bisogno di aggiungere “per i festeggiamenti della Madonna S.S. della Neve”. E così senza volerlo una domanda terrena diventa spirituale. Sottintende che saremo lì per Lei. Cosa rispondono gli emigrati? Sono anni ormai che vivono lontano. Qualcuno ha lasciato il paese che era solo un ragazzo, magari ha trovato lavoro al Nord in una grande fabbrica che produce automobili, con grandi sacrifici è riuscito a comperarsi una casa e poi ha aiutato i figli a sistemarsi. Di sicuro l'emigrato ricorda i primi anni, quando ritornava a Zungri a bordo di un treno lento lento e pieno zeppo di gente. E fuori dal finestrino l'odore dell'aria cambiava, chilometro dopo chilometro, fino ad addolcirsi, a farsi salmastra. «Paola! Stazione di Paola!», annuncia l'altoparlante. Sulla costa piccole case bianche, sulla spiaggia qualche ombrellone aperto. Ma anche ora che gli anni sono passati, e con loro sono passati i treni, i viaggi in automobile senza quasi una sosta in autogrill per la smania di arrivare, i Natali al Nord, i figli che sono diventati adulti, e poi mariti e mogli, anche ora l'emigrato ha voglia di tornare al suo paese. Quel paese fatto di salite e discese assomiglia tanto alla sua vita. Con una manciata di passi l’emigrato arriva nella piazza principale. Qui scorge una curva in discesa. Fino a qualche anno fa, quasi sulla punta di questa strada c'era un'osteria, dove i contadini giocavano a carte e bevevano vino. E spesso ne beccavi qualcuno addormentato, con il capo e le braccia abbandonati sul tavolo. Quando termina la discesa, si apre uno spiazzale, una specie di sagrato naturale davanti alla Chiesa della Madonna S.S. della Neve. Scendendo l'emigrato ha voltato subito lo sguardo verso destra, in cerca di quella casa, che si affaccia di fronte alla chiesa, come uno scoglio sul mare. Al balcone c'è suo padre. Lo aspetta. Come ogni estate, lo aspetta. Tra qualche secondo si abbracceranno. Sua madre certamente piangerà. Il profumo di casa vecchia, muri larghi e freschi, camino acceso, salumi appesi, è così diverso dall'odore denaturato che si è lasciato alle spalle. La sua faccia è bianca, mentre tutti quelli che lo salutano hanno la pelle abbronzata. Ma tra qualche giorno anche lui ritroverà il colore del sole, ritroverà il suono del dialetto, il sapore dolce della frutta appena colta, la sensazione della terra di campagna sotto le suole, l'erba che cresce selvaggia ai bordi del sentiero. Ritroverà il suo paese. Il paese è restituzione, è famiglia, è padre, madre, fratelli e sorelle. Il paese è l’infanzia, è amicizia.
Ma se per qualche ragione non riuscirai ad esserci, sono sicuro che la mattina del 5 agosto, qualunque lavoro tu stia portando a termine, in qualunque posto tu sia, nella cucina di un grande ristorante o in un ufficio, il tuo cuore si collegherà a Zungri. Un pensiero più forte di un servizio wifi o di un social network. In quel momento saprai che il Quadro della Madonna sta uscendo dalla Chiesa, che i paesani si apprestano a partecipare alla processione. E vorresti essere lì. Di mattina presto, nelle case, le donne hanno rivestito la candela con una scatola di scarpe e carta alluminio, per non scottarsi. Già durante la processione, per le strade del paese, comincia a diffondersi un profumo di cibo. Qualcuno è rimasto a casa a cucinare (perché c’è sempre qualcuno che rimane a casa a cucinare). Ed è un po’ come se tutti, anche se in case diverse, mangiassero alla stessa tavola, assieme. L'emigrato non è solo figlio di un periodo storico. I ragazzi continuano in qualche modo ad andarsene, in cerca di lavoro. Mi sono accorto, parlando con alcuni cari amici partiti dal paese per motivi di studio, che col passare del tempo, all'entusiasmo per la vita universitaria fuorisede subentra la nostalgia di casa. Quando ho sentito dire che l'anno prossimo si celebrerà il Centenario della Festa della Madonna S.S. della Neve, ho pensato con commozione e gratitudine a tutte quelle persone che per anni hanno organizzato le celebrazioni. Da bambino mi beavo davanti alle luminarie e non vedevo l’ora che la mattina del 3 agosto i botti annunciassero l'apertura della fiera. E poi il concerto in piazza e gli incanti, le bancarelle illuminate fino a tardi, i fuochi d’artificio a cui seguivano tanti "oooooh" di apprezzamento, con il naso all'insù. Non credo di aver mai detto grazie personalmente a chi si spendeva per tutto questo. E allora lo faccio adesso. Grazie sopratutto al comitato che ha scelto di organizzare l'edizione numero Novantanove, proprio quando tutti, mi è parso di capire, hanno la testa già rivolta ai festeggiamenti per il Centenario. E poi perché è un comitato composto da giovani, da ragazzi. I ragazzi del 99.
Francesco Marchetti, figlio di emigrati