PUNTATI SU DIECI ROTE
Ci siamo internazionalizzati. Questa è la notizia! Abbiamo varcato confini lontani e ora sciamiamo per il vasto mondo. O è solo un’illusione, un miraggio, un’ennesima fata Morgana che si diverte a trarci in inganno… noi, voi, tutti. E non noi sciamiamo per il vasto mondo ma è quest’ultimo che si è gioiosamente e sorprendentemente catapultato in quest’angolo di Calabria e vi sciama come un’onda omerica. Da piccola rota (più in là coglierete il valore che la parola assume in questo contesto) siamo diventati una macina. Avete presente? Quelle enormi pietre circolari solitamente di granito che si usavano nei vecchi mulini o nei frantoi? Ecco. Proprio quelle. Abbiamo schiacciato (metaforicamente, s’intende!) le avversità, le incomprensioni, le difficoltà pratiche, persino l’invidia e la supponenza di chi, mentre abbandona e in qualche modo tradisce lo spirito della cultura popolare calabrese, si impingua e si riempie la pancia di contributi regionali, comunali e di sponsor dal nome altisonante e dal logo firmato. Abbiamo dimostrato, noi del Centro studi umanistici e scientifici Aramoni, che si può fare intrattenimento e cultura con la passione e il sacrificio di chi crede in quello che fa e sa di farlo perché vuol fare emergere il lato nascosto e profondo e mai seriamente studiato di questa regione, di questa piccola comunità zambronese, di quest’area che si avvale di una storia straordinaria, bella e antica, misteriosa e appassionante, che si mostra nei suoi valori artistici e storici già dall’età del bronzo. Come, del resto, è dimostrato dai reperti rinvenuti di recente nella zona marina che si avvale dei finanziamenti e del sostegno non già della Regione Calabria ma dell’Università di Napoli e di quella di Salisburgo. E noi come possiamo rispondere? Come possiamo contribuire? Come possiamo testimoniare la nostra volontà di esserci e di partecipare come comunità, come popolo, come calabresi? Facendo ruota! Ecco, facimu rota per il decimo anno! Siamo puntati noi sulla decima ruota e invitiamo tutti a puntare sulla decima ruota. Come se dovessimo formare idealmente un enorme cerchio umano, di uomini, donne e ragazzi che si tengono per mano e si trasmettono l’un con l’altro, con i ritmi delle nostre musiche, il sentimento dell’appartenenza, della fraternità, della gioia di vivere nonostante tutto. Perché il fare ruota non è solo per applaudire chi danza standone dentro ma anche per gioire della gioia altrui ed esserne testimoni e portatori di augurio e di speranza. Come se la rota costituisse un simbolo di unità e di fede, di comunicazione espressa con il linguaggio dei segni, con gli applausi e le contorsioni, le entrate improvvise e le uscite repentine, secondo i turni fissati dalla mente sublime del mastro da ballu. E in effetti, a ben pensarci, c’è una forma di comunicazione più diretta e immediata della musica? Per esprimere un sentimento di tenerezza e d’amore, o di rabbia o di protesta o di vendetta o di perdono, di rancore o di felicità esiste uno strumento più idoneo della musica specialmente se accompagnata da una mimica espressiva più che dalle parole? E lasciate che per una volta il cielo faccia vedere tutte le sue stelle. Non succede mai e non perché il cielo le oscuri di proposito ma perché non abbiamo più il desiderio di guardarle o pensiamo di non averne il tempo o che sia inutile. Ma il cielo della Calabria è diverso, come le sue acque che fecero fremere la poesia di Teocrito. Sembrano raccontare con mormorio sommesso o talvolta irritatissimo frastuono incredibili storie d’amore e di morte. Qui, in Calabria, Spartaco in lotta contro i Romani e contro l’idea di schiavitù trovò le sue reclute e quasi nessuno sa che da un frate francescano calabrese, tale Serafino della Salandra, che aveva scritto un dramma dal titolo L’Adamo Caduto, il poeta inglese Milton trasse l’idea del suo Paradiso Perduto come testimoniato dal grande Francesco Zicari che lo racconta in una lettera al suo amico Francesco Ruffo di Tropea. E potremmo continuare con eventi, testimonianze, scritti e racconti tramandati oralmente. Supponiamo che sarebbe superfluo. Il concetto che vogliamo sviluppare, con le nostre iniziative è che esiste un passato di cui siamo stati protagonisti o partecipi attivi anche per quanto concerne i grandi momenti della vita nazionale. E che chi arriva in Calabria con il pregiudizio di trovarsi in una terra che offre soltanto -e non sempre- sole e mare, montagna e agriturismo, in gran parte deturpata nei suoi momenti territoriali più qualificati e caratteristici, abbandonata a se stessa da chi non è riuscito a comprendere che la bellezza sfiancata e distrutta è un’offesa alla nostra identità e a tutto quel che, messo insieme, costituisce la nostra storia e, alla lunga, una remora all’imprenditoria seria, capace e intelligente. Perciò, facimu rota! Cioè, stiamo uniti! Mettiamoci insieme! Chi viene in Calabria faccia un pensierino non di prammatica e nemmeno sfuggente dal contesto di questa regione. Qualcuno ha detto che la Calabria potrebbe essere paragonata ad un grande museo all’aperto. Forse è esagerato ed eccessivo. Fa pensare a qualcosa di vecchio, superato, da osservare come in gita scolastica, visitato distrattamente più con gli occhi che con il cuore. Ma vi pare! Storia e presente stanno bene insieme. Solo che qualche volta ci dev’essere qualcuno che li metta d’accordo facendone emergere le linee di convergenza. Questo noi pensiamo di contribuire a realizzare… puntati su dieci rote!
Salvatore L’Andolina
(Presidente onorario del Centro studi umanistici e scientifici Aramoni)