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Anno 2007
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Rinchiusi in un piccolo mondo antico
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Rockpolitik
Rinchiusi in un piccolo mondo antico
Parole intrise di spicciola retorica, luoghi comuni e ovvietà. Il pressappochismo elevato a sistema. Volti smarriti. Autoreferenzialità. Sono i tratti distintivi di taluni pubblici rappresentanti. Qualunquismo? Evviva il qualunquismo! Molte realtà della Calabria puntano con crescente insistenza sul cosiddetto “Turismo culturale”. Ma il Vibonese è estraneo a questa logica. Non esiste una sola rassegna musicale, artistica, teatrale, che abbia valenza e rilevanza internazionale. Le poche iniziative di qualità sono affidate all’impegno di pionieri generosi e, anche per questo un po’ folli! Il Vibonese è sempre di più rinchiuso in se stesso, nel suo piccolo mondo antico, soffocato dalla pigrizia e dal suo aprioristico rifiuto del logos. Un’abbondanza di sagre paesane talvolta realizzate in maniera discutibile, caratterizza le estati dei centri periferici della provincia. Impassibili, capi e capetti, baroni e feudatari, dittatorelli e ras, assistono compiaciuti a questo ripetitivo e poco esaltante spettacolino. Specchio fedele delle loro poco lungimiranti scelte. Proclamano sovente: “La cultura è il mezzo più importante per il riscatto della società”. Un principio che tradiranno alla prima utile occasione. E d’altronde, il degrado (anche culturale) è il presupposto della loro fortuna “politica” (e mai parola fu tanto usata a sproposito). Eternamente impegnati in giochetti di riposizionamento, hanno quale unico scopo il mantenimento della propria posizione di rendita. Distratti da quisquilie, non si rendono conto che occorre proiettarsi nel Villaggio Globale. Se si vuole vivere. Ma questa realtà regredisce giorno dopo giorno. E così si sta lentamente trasformando nella tomba di ogni speranza di riscatto ed emancipazione. L’estate acuisce il dramma di un territorio ormai incapace di qualsiasi reazione (o quasi). Un esempio raccapricciante è offerto dalla cosiddetta Costa degli dei. Gli dei erano bizzosi, iracondi, adulterini, ma amavano la Bellezza della natura. Davvero si è così allocchi da credere che avrebbero volentieri frequentato una costa caratterizzata da miasmi e cemento armato (e che armatura!)? Si è d’accordo con il senatore Umberto Bossi. L’unità d’Italia è stata una rovina, per tutti. Per il Nord che alla lunga si è accollato il peso di una realtà economicamente arretrata. Ma soprattutto per il Sud. Perché essa impoverì realtà economicamente ricche e creò una classe dirigente dalla feccia della società. Aristocratici decaduti, parvenu, voltagabbana, ruffiani. Un fardello che, indipendentemente dal colore e dalla natura dei suoi governanti, rossi o neri, bianchi o verdi, democratici e non … il Sud porterà ancora per tanto, tanto tempo. Lo capì da grande intellettuale qual era, Giuseppe Tommasi di Lampedusa. Il celebre aforisma: “Perché nulla cambi, tutto deve cambiare”, in fondo, rimane simbolo ed emblema della mediocrità del potere e dei suoi detentori.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora l’8 settembre 2007
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