il corsivo
TANTE LE PROTAGONISTE DELLA VITA E DELLA STORIA
“Santità al femminile sul modello di santa Marina” questo il titolo del seminario che si è svolto, martedì pomeriggio a San Giovanni di Zambrone. Un’idea di confronto culturale decisamente intrigante. Perché? Perché mai come in questo periodo la donna è stata al centro delle relazioni sociali. Le cronache riferiscono ogni giorno notizie che hanno quali protagoniste le donne: nel bene (per fortuna) e nel male (purtroppo). E anche la Chiesa non è immune da questo percorso; alla donne è sempre di più riconosciuto un ruolo di vitale importanza. Le donne sono le coprotagoniste della storia umana che ha conosciuto tante tipologie di sante. Spesso, ad alcune è assegnato un ruolo secondario. Per esempio, alle sante calabresi, quelle riconosciute come santa Domenica e la beata madre Elena Aiello e quelle destinate ad esserlo, come Natuzza Evolo. O ancora, alle cosiddette sante “travestite”, emblema di una ribellione alle ingiustizie del “vecchio” mondo pagano: santa Marina di Bitinia, santa Tecla di Iconio, santa Eugenia di Roma, santa Pelagia, santa Eufrosina, santa Matrona, santa Athanasia e santa Teodora. Sante dall’elevato profilo culturale, oltre che spirituale. Ma la figura delle donne occidentali, la sua storia, è stata mirabilmente tratteggiata dalla letteratura moderna: Jane Eire, Anna Karenina, Madame Bovary (tanto per citare alcuni esempi). Per non parlare del lirismo di cui solo una donna può raggiungere le vette, su tutte Emily Dickinson. Esiste poi una “laica santità”, conosciuta pochi decenni fa, nelle vicende struggenti di tante donne, anche in Calabria; il pensiero corre ad esempio a Giuditta Levato. Infine, in ognuna delle famiglie di un piccolo centro della periferia vibonese esiste un modello di “santità femminile”. La “santità” delle donne appartenenti alla generazione passata che hanno speso la loro vita nel duro lavoro sui campi. La “santità” delle madri che tra mille difficoltà hanno garantito la possibilità di conquistare un titolo di studio e, quindi, una professione, ai loro figli. La “santità” delle donne emigrate che hanno speso qualche anno nelle valli bergamasche prima di ottenere un trasferimento, del loro impiego, nella propria terra d’origine. La “santità” di quelle donne che sono emigrate al Nord o oltre oceano e non hanno mai più avuto la possibilità di fare ritorno nel proprio paese. La “santità” di chi tiene aperte le porte della propria casa ed è sempre pronto ad offrire ospitalità. La “santità” di chi ha educato un amico, o i figli di un amico, con la stessa amorevolezza di una madre. La “santità” di chi non cede alla rassegnazione, nonostante la mancanza di un lavoro o il proprio status di precario. La “santità” di chi ha assistito un genitore o un figlio nella malattia. La “santità” di chi ha speso la parte migliore della sua vita, la gioventù, a crescere la prole. Modelli di santità femminile che con santa Marina (patrona di San Giovanni di Zambrone) hanno in comune dolcezza e ardore, zelo e carità. Donne che hanno fatto dell’amore la loro regola di vita.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 20 giugno 2013, p. 28