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Anno 2007
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Il lungo addio della speranza
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Editoriale
Il lungo addio della speranza
“Il lungo addio” è il titolo di un bel noir di Raymond Chandler. La storia è tipicamente americana. Violenza, sicari, schizofrenia, corruzione, borghesia infetta, amalgamati in un coacervo per niente lineare. Una trama priva palingenesi e senza finale. “Il lungo addio” è l’incapacità di discostarsi dai vizi del potere: impunità e arroganza. Dall’altra parte, sciaguratamente, non ci sono i buoni. Mutatis mutandis titolo e contenuto si adattano all’attuale condizione italiana. L’attualità socio-politica è meschina e volgare; vagamente schizofrenica. Sullo sfondo il popolo italiano, oggetto passivo anziché protagonista intelligente e consapevole. Se dal contesto nazionale si passa a quello locale, le sorprese non mancano. Naturalmente sono tutte negative. La cosiddetta “società civile” sembra non esistere. Spesso e volentieri si appiattisce su posizioni poco dignitose. Preferisce il rifugio nella sottogonna del potere alla lotta per il riscatto della realtà provinciale. Il “popolo” privato di qualsiasi riferimento è alla deriva. Non ha modelli civili e anche quelli religiosi vacillano paurosamente. E’ stato “costretto” ad abbandonare la civiltà contadina per sostituirla con il nulla! I rappresentanti dello stato, godono di una fiducia limitata. Tranne rare eccezioni si nutrono nei loro confronti sentimenti di diffidenza. L’economia è vista come un miraggio. Nessuno, da queste parti, immagina il suo futuro da imprenditore. La Chiesa non offre più solide certezze. Il messaggio austero e profondo di Benedetto XVI incontra difficoltà enormi ad essere proposto dal clero locale e, pertanto, ad essere recepito dai fedeli. Gli enti locali sono allo sbando. Lamentano difficoltà economiche, ma soprattutto, sono a corto di idee. La scuola raramente offre un percorso di maturazione intellettuale e umana. L’università è considerata, dagli alunni, un “parcheggio”. In attesa di essere inclusi nella grande famiglia dei disoccupati. In questo contesto dilagano bizzarrie di ogni tipo. Nascono partitini autoctoni. Naturalmente con le migliori intenzioni: la “valorizzazione del territorio”. Che bella espressione! Chissà quante aspettative ruotano intorno ad essi. Sono tutte dense di auliche, nobili ed eccelse motivazioni? Le risorse indigene sono considerate quasi come un fardello. Ad esempio: gli eredi del più grande artista vibonese degli ultimi cento anni si dichiarano disponili a donare gratuitamente i suoi capolavori. Ma la proposta viene accolta tra l’indifferenza e l’imbarazzo delle Istituzioni. Qualcuno sussurra: “Non ci sono le risorse economiche per realizzare un museo che ospiti le opere del maestro Albino Lorenzo”. Ma ciò accade solo in una delle ultime province italiane (ed europee). La qualità della vita, lo sviluppo eco-sostenibile, la solidarietà verso gli ultimi, sono problematiche quasi sempre oggetto di noiosissimi convegni. Dalla vita reale, politica, economica e religiosa, esse risultano, invece, pressoché bandite. Ritornano in mente i versi di una meravigliosa poesia di Eugenio Montale: “Codesto solo possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 18 aprile 2007
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