la storia
SE L’AMORE PER LE ORIGINI FA SUPERARE OGNI OSTACOLO
ZAMBRONE Per la comunità zambronese, i solenni festeggiamenti in onore di san Carlo Borromeo rappresentano un solido collante sociale, storico, antropologico e religioso. La festività racchiude un’umanità che fa leva sui ricordi e sull’apertura del cuore al mistero. Ma l’appuntamento è anche occasione di ritorno che coinvolge, al contempo, la sfera emotiva e quella fisica. In passato, per gli emigrati, la festività patronale rappresentava l’occasione per rimettere piede nel paese d’origine. Perché il vincolo con la terra natia, a dispetto delle avverse circostanze, non veniva mai meno. Per gli emigrati, la partecipazione ai riti della festività patronale era un modo efficace di rimarcare la loro identità, che la vita in contesti sociali ed economici così differenti, comunque, non attenuava minimamente. Elisabetta De Carlo appartiene a una delle famiglie emigrate in Lombardia negli anni Settanta. Da allora non ha mai assistito alla ricorrenza patronale. È lei stessa a raccontare la storia: «La mia famiglia era composta da papà, mamma, quattro sorelle (me compresa) e due fratelli. Abbiamo lasciato il nostro paese alla ricerca di un lavoro che garantisse una prospettiva di vita serena tra il 1976 e il 1977. Papà rientrava spesso nel suo paese; il legame era fortissimo. Noi figli abbiamo ereditato questo spirito e, infatti, in estate trascorriamo le vacanze presso il lido di Zambrone e non vi rinunceremmo per alcuna ragione. Non soltanto per l’ineguagliabile bellezza del posto, ma anche per l’incontro con gli amici della nostra infanzia; il tempo trascorso in un tale contesto ha un valore morale immenso». C’è da chiedersi per quale motivo l’emigrata zambronese non abbia partecipato, nei trascorsi decenni, a una festività così significativa per lei e per la sua famiglia: «Un tempo -risponde- i mezzi di collegamento non erano così sviluppati come oggi. L’aereo era appannaggio di pochi e il viaggio in treno non proprio agevole. Era da molto tempo che desideravo rientrare per la festività patronale, ma in questo frangente dell’anno non sono previste pause lavorative. Questa volta, una serie di combinazioni fortunate ha reso possibile il piccolo sogno che coltivo da anni». Ma cosa rappresenta, per Elisa (come la chiamano affettuosamente gli amici) il 4 novembre? Immediata la sua risposta: «L’appuntamento mi riporta indietro nel tempo, all’epoca in cui la felicità coincideva con piccoli gesti, come il sorriso di mia madre intenta a cucinare, qualche sorpresina di papà per noi figli, la stretta di mano accompagnata dagli auguri e da un gioviale sorriso ai tanti “Carlo” di Zambrone. Dopo 36 anni ho sentito, impellente, il desiderio di rivivere quei momenti». Riscontro semplice ed emblematico, che rinvia a una nota considerazione di Pier Paolo Pasolini: «Tutto si integra nell’eterno ritorno. Questo lo sanno gli umoristi, i santi e gli innocenti». In quest’ultima categoria, rientrano pure gli emigrati. La conferma: il sorriso di Elisabetta De Carlo, sornione ma coperto da un velo di innocente… malinconia.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 4 novembre 2012, p. 31