ELOGIO FUNEBRE IN MEMORIA DEL DOTTOR LORENZO MANGIOLA
“Il male che gli uomini fanno sopravvive loro, il bene è spesso sotterrato con le loro ossa”.
Così recita l’incipit dell’orazione funebre di Marco Antonio a Giulio Cesare.
Appresa la triste notizia della scomparsa di Lorenzo Mangiola, il mio primo pensiero è andato al “bene” realizzato da Enzo nel suo percorso esistenziale. Un “bene” praticato con costanza e discrezione. Mi è venuto subito in mente un episodio. Una Pasqua… trascorsa lontano da casa, con sua moglie Gioia e pochi amici, per fare visita a Franco, un uomo ammalato, solo e in fase terminale. Un gesto che esprimeva al meglio il suo modo di relazionarsi con gli “altri” e con chi versava in condizione di disagio in particolare. Una vita interpretata con spirito di servizio, altruismo, rispetto verso il prossimo. Un modus vivendi per molti versi in controtendenza rispetto ai modelli culturali attuali, secolarizzati e improntati alla banalità. Il dottore Lorenzo Mangiola per sua stessa indole generoso, proiettava il suo agire in una dimensione valoriale profonda e autentica. Nel suo modo di vivere la quotidianità non vi era alcuna incertezza circa la preminenza dei contenuti sulle apparenze, della forma sulla sciatteria e della puntualità sul pressapochismo. Tutto questo era frutto di un’educazione che traeva il suo fondamento da una cultura nobile e antica, strettamente correlata alla sua famiglia; ma anche il risultato di tanti anni di studio e di varie letture. Ma era, soprattutto, il tratto umano più evidente di chi si relaziona (giorno dopo giorno) con sofferenze, piccole e grandi. Il dottore Mangiola lo ricordano bene i suoi pazienti… aveva una prerogativa sempre più rara: capacità di ascolto fuori dal comune. Sapeva “ascoltare” le vicissitudini dei suoi pazienti e non solo. Capiva al volo le situazioni di disagio, difficoltà e agiva di conseguenza. Parole di conforto, gesti d’affetto, piccole premure… era questo il suo modo di relazionarsi con la gente; che spesso lo portava a intrattenersi nelle sedi di lavoro ben oltre il canonico orario.
Il palcoscenico sul quale ha vissuto la sua vita era molto ampio: la casa, lo studio, gli amici, un gruppo di ragazzi che pendeva dalle sue labbra. Sì, Enzo aveva questo particolare pregio. Sapeva parlare al cuore dei ragazzi come pochi. Ha saputo farlo a Zambrone e a Zungri, impegnandosi attivamente nel creare momenti di aggregazione. Era questo il suo modo di assolvere a una significativa funzione educativa: indirizzare le nuove leve sui binari della socializzazione e della meritocrazia. Parlava raramente, con gli amici, dei suoi figli, Fortunato e Maria Delia. Ma dalle sue sporadiche espressioni si percepiva, nitidamente, non soltanto l’amore paterno (di per sé infinito e tenero) ma soprattutto l’orgoglio per due ragazzi educati con amorevolezza, all’insegna dei valori della cultura e del sacrificio. Quanto alla sua amata Gioia… ne parlava sempre con stima e rispetto, due componenti essenziali per chi ha creduto nell’amore coniugale per tutta la vita. Quanto ai Bova… Lorenzo non si riferiva loro, semplicemente, come ai parenti della consorte; ma come la sua stessa famiglia…
Il suo carattere era riservato; le sue espressioni sempre misurate ed equilibrate. Ma la sua principale qualità (da tutti apprezzata) era la dolce umanità. Leggeva chiaramente conflitti, disagi, dolori e cercava soluzioni razionali, senza però mettere da parte la sfera emozionale.
A Zambrone, Lorenzo Mangiola arrivò in punta di piedi, un atteggiamento che mantenne per tutta la vita. Serietà e professionalità, le sue bandiere. Nel piccolo centro tirrenico, aveva partecipato in vari modi ad animarne la socialità. Osservava la nascita e l’operato di ogni movimento o associazione e poi, contribuiva alla sua crescita con una fattiva collaborazione, con i suoi preziosi suggerimenti o con la sua semplice presenza alle varie iniziative. Questo suo modo di porsi, mai fuori dalle righe e sempre positivo, spiega i generalizzati sentimenti di stima della popolazione.
Di Zaccanopoli, il dottore Mangiola, apprezzava la gentilezza, la signorile ospitalità dei suoi abitanti e la frugalità dei costumi; tratti culturali decisamente in sintonia con il suo stesso modo d’essere.
Infine Zungri… Lorenzo amava profondamente questa comunità. Il suo impegno nella Charitas, nella costituzione dell’associazione “Elisa Arena, vittime della strada”, nell’associazione sportiva, l’amicizia e la simpatia verso la parrocchia e don Felice La Rosa ricoprono un significato importante e spingono a chiedersi quale fosse l’origine di tutto ciò. Da un lato, la sua istintiva affinità con tutti quei soggetti che operano per la crescita civile del proprio territorio; con chi non cede le armi all’apatia e alla pigrizia. Dall’altro, il calore, l’affetto, la calda passionalità della popolazione zungrese, aveva fatto breccia in un uomo che apprezzava il silenzio, che sapeva fare del buon senso la bussola del suo agire, ma che riconosceva in un batter di ciglia la sincerità e la genuinità di sentimenti veri e profondi come quelli della comunità zungrese verso di lui; puntualmente ricambiati.
Lorenzo Mangiola si era profondamente innamorato anche dei panorami “aramonesi”; in particolare del verde delle lussureggianti colline, dell’ammaliante azzurro marino, della quiete di campagne che profumano di laboriosità. Amava “La marinella” di Zambrone, il centro storico di Zaccanopoli, le “Grotte degli Sbariati” di Zungri, la vecchia Papaglionti.
Perché il suo era un animo sensibile, gentile con gli uomini e profondamente rispettoso verso la natura. Da buon calabrese… sapeva essere tenace, scrupoloso e rigoroso.
La curiosità, il prioritario strumento critico di conoscenza finalizzato a migliorare se stessi e, dunque, la società.
In occasione della pubblicazione di un articolo di commiato, la scelta della foto è ricaduta su una che coglie alla perfezione il suo sorriso sornione.
Ai familiari, mancherà il suo amore che si esprime nel calore della quotidianità, col contatto fisico, con le carezze, la voce, la gestualità. Ai suoi pazienti, la professionalità che combinava con il suo spirito caritatevole. Ai tanti amici… mancherà soprattutto, proprio quel sorriso: sincero, espressivo, eloquente.
L’avvento del Cristianesimo offre un messaggio di speranza e dà un impulso unico nella direzione della crescita umana. Per i credenti, come Enzo, una speranza di resurrezione. Il suo spirito libero traeva fondamento proprio dalla fede in Gesù (Ubi fides, ibi libertas). La tensione fra la quotidianità e il regno di Dio orientava le sue più importanti decisioni. Il suo cristianesimo, fatto di valori e principi morali ispirati alla comprensione. Nella vita di Enzo non c’è traccia di “male” o di pregiudizio… perché ha saputo porre la carità quale fulcro della sua vita. Egli lascia una eredità di “bene” da coltivare, curare e fare crescere. Ed è proprio il “bene”, inteso come amore, lo spartiacque tra l’antichità e la modernità; uno spartiacque segnato dal valore salvifico della Croce. Un “bene” che Enzo ha saputo elargire con afflato delicato e incessante.
Fëdor Michajlovic Dostoevskij, scrittore cristiano, dotato di un senso tragico e poetico allo stesso tempo, della condizione umana, in un celebre aforisma scrisse: «Il segreto di una vita riuscita è impegnarsi ad agire per ciò che ami e amare ciò per cui ti impegni». E allora si può affermare che Lorenzo Mangiola ha compreso, fino in fondo, il senso più recondito e misterioso della vita…
Per Gioia, Fortunato, Maria Delia… non sarà facile riprendere il percorso della vita e niente sarà mai più come prima. Ma vivere, significa anche soffrire e piangere, preservare il passato e sapere guardare al futuro; gettare il cuore oltre l’ostacolo… per non disperdere e per fare germogliare, nel presente, il “bene” seminato da Lorenzo per l’intero arco della sua vita…
Zungri, li 16/9/2012
Corrado L’Andolina
Pronunciato a Zungri, santuario Madonna Santissima della Neve, in occasione del triduo