la riflessione
I GIOVANI MERIDIONALI IN BALIA DI UNA CLASSE POLITICA DISTRATTA
Il libro di Enzo Ciconte “Banditi e briganti” ricostruisce con puntualità pagine di storia tragica e drammatica del nostro paese dal ‘500 all’800 sui fenomeni della violenza criminale. L’iniziativa di presentazione che si è svolta a Parghelia qualche giorno fa, ha aperto il dibattito verso un approfondimento di vicende storiche e culturali che incidono profondamente sull’attualità. Il saggio, infatti, è una lucida analisi dei comportamenti dei potenti e degli sconfitti e spiega come il banditismo e il brigantaggio non possono essere indotti, semplicemente, ad una storia criminale, ma rappresentano, invece, il segnale di un disagio, di un malessere consolidato nei secoli, da cui si è spesso levato il bisogno di giustizia e di libertà degli oppressi. Rivolte, ribellioni e rivoluzioni come quella del ’48 per la terra in comune sono state represse con il ferro e con il fuoco. L’unica via di scampo che restava alle masse povere era la fornace ardente dell’emigrazione. L’Italia era stata unita ma svuotata di molte energie umane, il Sud sconquassato ed impoverito ancora di più governato da nobili terrieri e borghesi agrari assenteisti. Solo la predicazione cattolica e socialista ha svolto tra le masse operaie e contadine un fondamentale ruolo di emancipazione e di educazione, attraverso le lotte collettive organizzate che hanno consentito a masse di disperati di uscire dalla subalternità e di produrre forme nuove di partecipazione sociale e di progresso per il nostro paese, stroncate poi dal fascismo ma riprese in seguito e inverate dalla Resistenza e dalla Costituzione repubblicana. Ma nell’Italia contemporanea, chi sono i perdenti e gli sconfitti? Sono intere generazioni di giovani senza patria, senza lavoro, senza terra, sono le nuove intelligenze meridionali che emigrano e vanno via, costrette da scelte egoistiche e corporative devastanti di potentati economici e finanziari cui interessa il profitto e il denaro come misura di ogni cosa. I ricchi possono perdere un miliardo e neanche se ne accorgono, i poveri senza lavoro non hanno né la vita, né la dignità, ossia nulla. Una intera classe politica sembra essere distante anni luce dai drammi quotidiani della gente: dieci milioni di italiani tirano la cinghia, non è stato pubblicato nessun provvedimento contro la disoccupazione, le persone si danno fuoco sulle piazze, i minatori sardi minacciano di farsi saltare in aria. La nostra è una classe politica distratta, chiusa nel fortino delle istituzioni che dovrebbero essere invece rappresentate da cittadini incensurati, sensibili, senza privilegi di casta al di sopra di ogni sospetto. Una classe politica è credibile se è in sintonia con la realtà e con i bisogni del paese nello spirito di quanti lottarono e lottano per la Repubblica e per la Costituzione e non vollero e non vogliono essere i notai dell’agonia di un popolo.
Girolamo Caparra
Pubblicato su Calabria Ora il 7/9/2012, p. 31