UN DOLORE CONDIVISO. ZAMBRONE RICORDA LE VITTIME SUL LAVORO
Memorie nel libro di Corrado L’Andolina
ZAMBRONE È stato presentato domenica scorsa nei locali della palestra scolastica il libro di Corrado L’Andolina: “Il canto del pettirosso. Morti bianche a Zambrone. Le testimonianze dei familiari”. Il saggio, edito dal Centro studi umanistici e scientifici Aramoni, racconta le storie di sedici caduti sul lavoro del piccolo centro tirrenico, in un arco temporale incluso dal 1932 al 2010. E lo fa mediante le testimonianze dei familiari. Proprio per questa ragione, i primi a prendere la parola sono stati i parenti dei caduti. Paolo Caia, nipote di Saverio Cortese, deceduto nel 1981, ha tratteggiato la condizione familiare dopo la perdita del proprio congiunto: «Non ho conosciuto mio zio Saverio. Sono venuto al mondo quando lui se n’era già andato da qualche anno. Ma sono cresciuto nella sua memoria perché mia madre, i miei zii Totò ed Eleonora e i suoi amici di Zambrone e di Parghelia me ne hanno parlato spesso». È stata poi la volta di Domenico Varrà (figlio di Antonio, deceduto nel 1950) il quale ha messo in risalto «la vicenda di un pettirosso quasi angosciato dal suo cinguettio stridulo. Il pettirosso ammirava l’allodola e l’usignolo, ma non riusciva ad emettere lo stesso melodioso canto. E ciò fin quando vide Gesù in croce. E allora per alleviare il dolore si lanciò, nel suo ultimo volo, nel rovo di spine che cingeva il capo di Gesù e lì trovò la morte. Ma anche, il canto più bello che fosse mai stato udito in natura». La terza a prendere la parola è stata Gabriella Tedesco, moglie di Aldo Ferraro che ha ripercorso la sua esperienza sottolineando come la sua condizione, al pari di chi conosce una simile tragedia «sia quella di chi convive con un dolore lancinante che non offre alcuna tregua, né morale, né materiale». Di seguito, i saluti del sindaco, Pasquale Landro, che a memoria dei caduti ha citato Leon Nicolaevic Tolstoj: «Noi moriamo solo quando non riusciamo a mettere radici in altri». Mario Ambrosi, presidente dell’associazione “Amici di Aldo Ferraro”, invece, ha sottolineato l’opera di sensibilizzazione svolta intorno al triste fenomeno delle “Morti bianche”: «Una volta -ha affermato- quando sentivo la notizia di una morte sul lavoro, quasi non prestavo attenzione, ora, confesso, sento sempre un brivido lungo la schiena». La prima relatrice a prendere la parola è poi stata Donatella Bruni. La sindacalista ha sottolineato le tre fasi successive alla tragedia connaturata a una “morte bianca”: il lutto, la sua elaborazione e il ritorno a una quotidianità che non sarà mai più la stessa. Per ogni caduto sul lavoro ha poi annotato «sentimenti e circostanze che rendono uniche le loro sorti, tragiche e intense allo stesso tempo». Di seguito è intervenuto Massimo L’Andolina, vicesindaco del Comune di Tropea, il quale, con un’immagine dai connotati simbolici ha messo in luce come «il distacco di un sasso dalla montagna, fa soffrire non solo la montagna, ma tutta la collina circostante». L’ultimo dei relatori, Francesco Lesce, ricercatore all’Unical e autore della postfazione del libro ha toccato in profondità i punti salienti del testo: amore, vita, morte, individuo, lavoro, famiglia. Il ricercatore ha messo in relazione fra loro questi elementi ed ha esaltato «il senso di compassione presente che caratterizza queste tragiche vicende. Una compartecipazione al dolore che rappresenta la sottile linea di unione tra la vita e la morte. E tutto ciò in controtendenza rispetto a una società che ha rimosso l’idea della morte». Infine, la parola è passata all’autore, il quale ha spiegato le ragioni di fondo dell’opera ed ha risposto ai vari quesiti morali (e non solo) impliciti in una tale operazione di recupero della memoria storica locale. Corrado L’Andolina ha poi proposto l’istituzione, presso tutti i Comuni, di un’anagrafe dei caduti sul lavoro con l’annotazione di almeno una testimonianza di un familiare. Al termine della cerimonia, lo stesso autore ha consegnato ai parenti dei caduti una pianta, simbolo di un’iniziativa tesa ad esaltare le ragioni della vita, sorrette, anche nelle prove più dure, dall’eternità dell’amore. A moderare i lavori, il rigore e l’equilibrio del giornalista Salvatore Berlingieri. Le relazioni sono state intervallate da Gianni Colarusso che ha letto alcuni brani dell’opera, mentre, la talentuosa Greta Medini ha accompagnato la lettura con le note struggenti del violino. Un pomeriggio indimenticabile che ha unito la comunità nel dolore, nella cultura e in una chiara esigenza di recupero partecipato della propria dimensione storica ed emozionale che costituisce il suo nucleo fondante.
Eleonora Lorenzo
Pubblicato su Calabria Ora il 28 marzo 2012, p. 32