TRIBUNALE DESTINATO A CHIUDERE?
Lo prevede un provvedimento parlamentare. E la politica (per ora) tace
TROPEA - In età moderna, il sistema-giustizia locale era appannaggio del feudatario, il quale aveva pieni poteri sia in materia di giustizia civile che penale. I ricorsi, invece, potevano essere inoltrati alla regia Udienza di Catanzaro e alla regia camera di Santa Chiara a Napoli. Con l’avvento dei Francesi, l’amministrazione della giustizia divenne prerogativa esclusiva dello Stato. Il Regno fu diviso in: giudici di pace, pretori, tribunali civili e penali. Nel 1809 la rivoluzione francese investì, così, un settore decisivo per la vita dei cittadini; vennero istituiti, infatti, i seguenti distretti, deputati a tale funzione pubblica: Briatico, Monteleone (attuale Vibo Valentia), Monterosso, Nicotera, Pizzo, Serra San Bruno e Tropea. Nel tempo, le sedi ospitanti l’attività giurisdizionale furono soppresse, ad eccezione di Vibo Valentia e Tropea. Più precisamente, dopo l’ultima riforma dell’ordinamento giudiziario (nella circostanza chiuse battenti, ad esempio, la pretura di Serra San Bruno) la sede di Tropea rimase in vita quale sezione distaccata del Tribunale di Vibo Valentia. Il famigerato decreto legislativo numero 51 del 19 febbraio 1998, infatti, nell’introdurre la figura del giudice unico, sopprimeva la storica funzione della Pretura. I risultati, nel tempo, non si sono rivelati risolutori delle croniche carenze dell’apparato-giustizia. Anzi, per certi versi hanno peggiorato la situazione preesistente. Le preture, infatti, erano organismi efficienti e un fondamentale presidio territoriale. Le Corti d’appello, inoltre, sono state travolte da una mole di lavoro davvero esorbitante. Traendo spunto dalla precedente e discutibile riforma, il legislatore, l’1 settembre scorso, nella commissione bilancio ha approvato un provvedimento teso a “Ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire l’esistenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011”. Tradotto dal “giuridichese”, la sede distaccata del tribunale di Tropea è ad un passo dalla chiusura. Analoga sorte anche per l’ufficio del Giudice di pace, a meno che i Comuni del circondario non si consorzino per garantirne il mantenimento. Sul punto occorre una significativa puntualizzazione. L’articolo 1-bis dell’emendamento approvato dalla Commissione non prevede un meccanismo automatico di soppressione. Importante, a tale riguardo, quanto statuito dal capo b) di tale comma, che prescrive di: “Ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l’assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell’estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell’indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza e del tasso d’impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane”. La disposizione prevede una serie di parametri che potrebbero rendere non ineluttabile la chiusura della sede distaccata di Tropea. Ma c’è qualcuno disposto a difendere questo importante presidio pubblico? A lottare per un obiettivo politico serio e incisivo? Ad oggi, sulla vicenda, il silenzio è stato assordante. A tale proposito è il caso di sottolineare come la sede di un tribunale non sia soltanto un prioritario presidio di legalità. La presenza di tali uffici rappresenta un riferimento destinato ad incidere direttamente e indirettamente nella società civile. Ma un tribunale è, soprattutto, un centro di cultura che forgia coscienze, professionalità e funge da modellistica sociale positiva. Motivazioni sufficienti per fare propria una battaglia di civiltà che abbia il suo fulcro nella tutela di un patrimonio giuridico e culturale non negoziabile.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora l’8 novembre 2011, p. 34