il commento
IL PAPA IN CALABRIA, DUE MESSAGGI PER RICOSTRUIRE LA BASE DELLA SOCIETÀ
Il vescovo di Roma ha scelto la Calabria e, segnatamente, la provincia di Vibo Valentia per affermare la stretta correlazione tra la società e il suo humus religioso. Durante la visita alla Certosa di Serra San Bruno, Benedetto XVI ha affermato: «Se nel medioevo i monasteri sono stati centri di bonifica dei territori paludosi, oggi servono a “bonificare” l’ambiente in un altro senso: a volte, infatti, il clima che si respira nelle nostre società non è salubre, è inquinato da una mentalità che non è cristiana, e nemmeno umana, perché dominata dagli interessi economici, preoccupata soltanto delle cose terrene e carente di una dimensione spirituale». La riflessione, incentrata sul rapporto tra fede, società, preghiera e luoghi di culto é coerente con l’impostazione teologica e pastorale del sommo pontefice. Essa, inoltre, rivela la sua natura: straordinario uomo di fede e acuto lettore dei tempi. Il papa indica nei certosini di Serra San Bruno un riferimento solido per un’inversione di rotta. Non è soltanto l’aspetto contemplativo che è al centro della proposta ratzingeriana formulata la scorsa domenica. Piuttosto, la riscoperta della cultura cristiana che è propria di questa realtà provinciale da circa millequattrocento anni. Non c’è il richiamo generico a uno sterile ascetismo. Il pontefice, invece, suggerisce di canalizzare le energie umane in una prospettiva che oltrepassi le contingenze quotidiane. Il santo padre coglie la cupa mestizia dei calabresi, il loro senso di impotenza che spesso sfocia nella rassegnazione e indica un nuovo percorso, fondato sul binomio benedettino: ora et labora. È questo, forse, l’aspetto più importante dell’incontro tra il vicario di Cristo e i calabresi. Benedetto XVI condanna «una mentalità che non è cristiana» e lo fa in una provincia che registra un numero di chiese rilevante, che ha una storia bizantina di spiritualità intensa e che a pochi chilometri dalla diocesi d’appartenenza della Certosa, ne registra un’altra, quella di Mileto, che è la più antica di rito latino del Sud Italia, con i suoi oltre mille anni di storia. Da un’analisi superficiale, il richiamo del papa potrebbe apparire decontestualizzato. E invece, da una disamina approfondita, risulta l’esatto contrario. Il messaggio reca in sé due importanti elementi. Il primo fa riferimento a un processo di degenerazione e di corruzione morale e spirituale che intacca non soltanto le grandi realtà urbane, ma anche i più piccoli centri periferici. Il secondo, evidenzia la natura universale della Chiesa che da oltre duemila anni testimonia lo «scandalo della Croce», senza alcuna distinzione tra centro e periferia, metropolitane e province. Difficile che questo basti a invertire una linea di tendenza culturale ed economica tutt’altro che positiva per Vibo e per la Calabria. Improbabile, però, che ciò possa avvenire a prescindere dal recupero valoriale e della dimensione escatologica cristiana. L’enorme folla di fedeli, presente a Lamezia Terme prima e a Serra San Bruno poi, ha registrato la stanchezza fisica del papa ma poi é rimasta colpita dalla sua vigorosa e profetica parola. Un evento che, senza retorica alcuna, può essere definito «storico». Se poi sarà anche l’incipit di una nuova «mentalità, cristiana e umana» dipenderà dai vibonesi che mai come ora si ritrovano di fronte a un bivio: devozione o devozionismo? Opzione religiosa con chiare implicazioni laiche. Da essa, infatti, dipenderà il futuro del Vibonese (e non solo), sospeso tra la deriva nichilista e la costruttiva ed altruistica operosità.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 16 ottobre 2011, p. 21