UN TUFFO NELLE TRADIZIONI CON IL TAMBURELLO FESTIVAL
“Duecento… e più cose” per l’evento zambronese
ZAMBRONE La moda dei festival etnici ormai impazza per l’Italia intera, ma un prodotto di qualità si riconosce sempre per il livello degli eventi in programma e per l’entusiasmo. É il caso del Tamburello festival, VIII edizione, organizzato dal Centro studi umanistici e scientifici Aramoni di Zambrone. Oltre diecimila le presenze registrate lo scorso 18 agosto. Come ogni anno, la manifestazione ha presentato un tema centrale intorno al quale far ruotare la maggior parte delle manifestazioni, quello della celebrazione dei duecento anni del comune di Zambrone e della riscoperta della lira calabrese: il titolo scelto per l’occasione, coerente ed evocativo, è stato “Duecento...lire” in onore sia degli anni che il Comune di Zambrone ha festeggiato, sia della rievocazione di un modo diverso di concepire il valore delle cose e lo spasso, che molti zambronesi ancora ricordano. La serata è inizia presto con il sostanzioso pasto della sagra Aramonese, per l’occasione denominata “Duecento sapori”: “fileia”, “curuicchie”, zeppole con le alici e i vini sopraffini, rosso locale e di zibibbo, sono stati golosamente apprezzati e “divorati”. A seguire il ballo di Mata e Grifone. Il concerto, momento culminante della serata, è iniziato con una nota commovente: lo spettacolo teatrale “Duecento parole per Zambrone” con versi e brani che hanno rievocato i momenti più emozionanti della storia di Zambrone e il ricordo sentito dell’amico scomparso, Aldo Ferraro. Magistrale e perfetta la voce recitante offerta da Gianni Colarusso. Sullo schermo allestito sul palco, si sono susseguite le foto dei “Duecento scatti per Zambrone” delle donne, le scuole, i festival e le altre memorie del paese. È toccato poi ai gruppi musicali. Ad incominciare i “Giamberiani” giovane trio calabrese che ha eseguito alcuni brani popolari calabresi con passionalità coinvolgente. Poi è toccato ai “Contraggiro” quartetto di musicisti provenienti dalla Murgia che ha impressionato gli astanti per l’eleganza, l’armonia e la sobrietà dei suoni e delle cantate. “Pizziche” ma anche polca, valzer e quadriglia i pezzi del loro repertorio. Travolgente e unanime il consenso raccolto dai talentuosi musicisti pugliesi. Infine, gli “Arghia” che hanno trascinato la piazza in una danza senza pausa con le tradizionali “passate” dell’area grecanica calabrese. Ospite d’onore Antonio Navella, organettista di Gallicianò dalla matrice tradizionalista. Al Tamburello festival si può star sicuri di veder sempre danzatori occasionali scatenarsi sotto al palco e quest’anno non è stato diverso dai precedenti: i più timidi hanno esitato, ma alla fine hanno ceduto, perché i ritmi incalzanti dei suoni e dei canti del Meridione sono come un sortilegio, come un possessione, solo una volta esaurite le forze si può smettere di ballare. Assortita e variegata la “Galleria d’arti...e mille sapori!” allestita per la via principale del paese. Da segnalare anche il “Laboratorio degli strumenti musicali tradizionali calabresi” curato dal maestro Pasquale Lorenzo che ha esposto le sue zampogne a chiave e “pipite”, nonché le lire calabresi e le chitarre battenti di Daniele Mazza e i tamburelli di Bruno Pitasi e Andrea Anghelone. Immancabile la “cameiuzza” conclusiva, quasi un rito scaramantico: il cammello incendiario di cartapesta dall’antico e misterioso passato ha posto fine a quest’edizione. Degno finale per il progetto che il Centro ha organizzato in modo da dare spazio non solo ai migliori e ai più giovani artisti della zona, ma anche a diverse forme artistiche che forniscono, insieme, il quadro più completo che si possa dare della Regione: le parole ed il teatro per raccontarne le storie, la fotografia per tramandarne le immagini, la gastronomia per entrare in contatto con l’intimità del sapore e il ballo e la musica per essere corpi che danzano senza vincoli né timori. Abbandono all’euforia, ma anche e soprattutto, quindi, recupero di una Calabria che ha bisogno più che mai di essere valorizzata. É possibile condensare la storia di una regione in una notte? É possibile ricostruire per la Calabria un’identità positiva rinnovata? Con il duro lavoro, l’impegno, la passione, l’apertura mentale e piccoli passi nella giusta direzione, tutti insieme, forse è possibile. A tale proposito, il presidente dell’associazione Aramoni, Corrado L’Andolina ha dichiarato: «Non c’è in Calabria un regista come Ermanno Olmi che cantò poeticamente il realismo della civiltà contadina della Lombardia Non opera più uno scrittore come Saverio Strati, che tradusse in prosa il sentimento, la speranza e la delusione delle generazioni calabresi del 900. Non c’è neppure un Albino Lorenzo a fissare nell’eternità dell’arte movenze e suggestioni del vecchio mondo contadino. Ora prevalgono le suggestioni del pop anglosassone e le fantasie erotico - giovanili di Moccia e compagni. Noi fatichiamo -proprio nel senso letterale della parola- per riportare nella dimensione che le compete e nello spirito di una calabresità integra ma non piagnona, poetica ma non piccolo borghese, generosa ma non sprecona, i valori della nostra storia cancellata, ignorata, quando non mistificata e devastata».
Eleonora Lorenzo
Pubblicato su Calabria Ora il 21 agosto 2011, p. 42