EUGENIO FINARDI E LA “SUA” CALABRIA: «MI SENTO A CASA»
DRAPIA (VV) Un pubblico composto da varie fasce d’età ha accolto Eugenio Finardi. Il concerto del noto artista, si è svolto, nella frazione di Caria, lo scorso sabato. L’occasione è stata offerta dai solenni festeggiamenti in onore della Madonna del Carmelo, patrona del piccolo centro sito nel Vibonese. Ma la presenza più massiccia era rappresentata dai quarantenni. Una generazione che ha vissuto adolescenza e giovinezza dalla metà degli anni Ottanta alla metà dei Novanta che coincidono con il periodo di maggiore successo del cantautore milanese. Quella generazione con le canzoni romantiche di Eugenio Finardi si è innamorata, tanto per citare le più note: “Le ragazze di Osaka”, “Valeria come stai?”, “Patrizia”; la stessa generazione ha sognato storie fantastiche: “Extraterrestre”, “Valeria degli specchi”; ha canticchiato canzoni orecchiabili, arricchite da testi significativi: “La radio”, “Non diventare grande mai”, si è emozionata ascoltando “E se Dio fosse uno di noi” e infine, si è divertita a ritmo di rock con “Musica ribelle” e “Quasar”. L’incontro con l’artista è avvenuto prima del concerto; l’occasione propizia per raccogliere le sensazioni di un cantautore milanese sulla Calabria.
Si reca spesso in Calabria?
«È da qualche decennio che attraverso l’Italia in lungo e in largo. Sono stato in Calabria moltissime volte, in occasione dei concerti».
Che sensazioni avverte quando visita la cosiddetta “Punta dello stivale”?
«Non esiste una Calabria. Trovo questa regione frastagliata. La provincia di Vibo Valentia, ad esempio, è estremamente variegata. Tropea è un posto marino di grande fascino; ma è molto bella anche Serra San Bruno. E anche questa zona pianeggiante, a metà tra il Poro e la Costa degli dei é ricca di paesaggi e panorami suggestivi».
Ha riscontrato qualche elemento che accomuna queste realtà?
«Il senso dell’ospitalità. Ovunque vada, sono accolto con cordialità e generosità uniche. Oggi è il mio compleanno. Dalla famiglia che mi ha ospitato ho ricevuto regali, la torta, lo spumante. Sono stato trattato come un parente. Ecco, i Calabresi hanno la capacità di farmi sentire come uno di famiglia».
Che sensazioni porta via dai concerti calabresi?
«I miei concerti si svolgono in un contesto di festa. E nella festa tutto ha un significato. La processione, i botti esplosi secondo cadenze prestabilite, le litanie, le luminarie, tutto appartiene a un rito che porta in sé un carico di storia e di umanità profondo e antico. In qualche modo, anche io mi sento un tassello di questo prezioso mosaico; circostanza di cui mi onoro».
Nell’agosto del 1984 a Zambrone ha tenuto un concerto che è rimasto bene impresso nella memoria collettiva locale, lo ricorda?
«Sì, perfettamente. Ricordo l’enorme folla, una piazza festante, la travolgente partecipazione dei presenti».
Cosa conosce della musica calabrese?
«La ciaramella, il suo suono é intenso e misterioso».
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 18/7/2011, p. 23 “Oraestate”