il corsivo
SE VIBO VALENTIA SI SPROVINCIALIZZA
Per un giorno, Vibo Valentia si è sprovincializzata. Le cronache, di norma, sono segnate da estenuanti consigli comunali che non approdano mai o quasi a nulla o da polemiche di cui la storia, non ne manterrà neanche la benché minima traccia. Tutto questo, s’intende, quando la nera o la giudiziaria non prendono il sopravvento. Ma l’altro ieri, la provincia vibonese, per un giorno e forse inconsapevolmente, si è posta di fronte a uno scenario differente che offre molteplici spunti di riflessione. Grazie alla sensibilità e alla caratura morale e professionale del suo presidente, Roberto Lucisano, il Tribunale ha dedicato un’aula a Emilio Sacerdote, magistrato vibonese morto nel campo di concentramento di Bergen Belsen l’8 marzo 1945. Nella stessa giornata, l’uomo più potente del pianeta, Barack Obama è intervenuto sulla questione israelopalestinese, indicando l’orientamento dell’amministrazione Usa. La proposta meriterebbe un approfondimento. Sembra quasi lapalissiano scriverlo, ma anche il destino vibonese non potrà prescindere da quelli che saranno i futuri assetti geopolitici ed economici internazionali. La realtà locale presta il fianco a specifiche problematiche, peraltro ben conosciute. Ma le sue sorti saranno comunque e prima di tutto collegate a quelle dell’Occidente. D’altronde, la storia del magistrato Emilio Sacerdote lo conferma. Un uomo valoroso nato nella pacifica Vibo Valentia, estranea ai processi storici dell’epoca o, comunque, del tutto marginale, termina la sua esperienza umana in un campo di concentramento. Ma la storia del giudice di Vibo offre lo spunto per un’altra riflessione. La scuola, la politica, i mezzi di informazione hanno oppure no il compito di lanciare lo sguardo oltre i propri naturali confini? La cerimonia che si è svolta l’altro ieri al Tribunale di Vibo Valentia, di per sé encomiabile, potrebbe offrire la giusta via per esplorare nuovi percorsi culturali e non solo. Il primo attiene a una reale analisi della situazione odierna. Una proposta concreta parte da questa domanda: c’è un professore, nella provincia di Vibo, che anche in memoria del giudice Emilio Sacerdote voglia rendere omaggio ai morti ebrei successivi al processo di pace del 1993? In caso di risposta affermativa, potrebbe adottare un testo di Giulio Meotti, pubblicato qualche mese fa, che s’intitola “Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri d’Israele”. Sono descritte, una per una le storie delle vittime di questa follia. Il numero è impressionante: 1723. Ma il numero di per sé non dà contezza di tanto orrore. E infatti, il Corriere della Sera ha scritto: «L’impresa di Meotti, il suo ricercare l’umanità al posto dell’astrazione numerica, il dramma reale al posto delle considerazioni geopolitiche, rende ancora più atroce e assurdo, non giustificabile in nessuna logica bellica, l’assassinio sistematico degli inermi. Uccidere quanti più ebrei possibile non ha nessuna relazione con la possibilità di risarcire i palestinesi delle loro privazioni. É un orrore in sé, a prescindere dalle motivazioni cui s’ammanta». Dopo la Shoah, sconfitto il nazifascismo, il mondo intero ha detto: «Mai più!». Un monito che non deve confluire in un astratto proponimento, ma che deve essere, prima di tutto, un’opzione politica concreta, adeguatamente sorretta da un orientamento culturale capace di supportarla alla luce dei rischi attuali: tanto a Washington… quanto a Vibo Valentia.
Corrado L’Andolina