QUEI COLLEGI ANDREBBERO RIVISTI
La proposta formulata contrasta con le linee della circolare ministeriale
Con la legge 42/2010 è stato disposto il taglio del 20% dei consiglieri provinciali e quindi i collegi devono essere ridefiniti (nella provincia di Vibo si passa dagli attuali 24 a 19). A tal fine, le linee di fondo sono quelle tracciate dalla circolare del ministero del’Interno 93/2002 «ampiezza demografica, omogeneità strutturale, contiguità territoriale». La proposta dei nuovi collegi, realizzata dall’Ufficio territoriale del governo, confortato da un tavolo tecnico comprensivo degli enti locali più rappresentativi, palesa numerosi punti deboli. Non a caso nei giorni scorsi il Pdl locale ha contesto la formazione dei collegi 1 (Acquaro, Dasà e Dinami), 3 (Fabrizia, Arena, Mongiana, Nardodipace), 14 (Soriano, Francica, Gerocarne, Pizzoni e Sorianello) e 18 (Vibo località aeroporto, Vena superiore e inferiore, Vena Media, Triparni, San Gregorio e Jonadi). I rilievi sono sia di natura politica, che, soprattutto, giuridica e attengono a un’asserita violazione del criterio pertinente l’ampiezza demografica (sottodimensionato il numero 3, sovradimensionati gli altri). Ma per allargare il quadro dell’indagine, è interessante leggere anche il secondo criterio, che la circolare definisce come «omogeneità strutturale» il quale testualmente recita: «Nella formazione dei collegi dovrà aversi cura di comprendere nel medesimo collegio comuni aventi, il più possibile, identiche caratteristiche geo-economico-sociali; dovrà evitarsi, quindi, in linea di massima, di riunire in uno stesso collegio comuni ad economia prevalentemente industriale con comuni ad economia agricola, comuni montani con comuni di mare o di pianura, e così via». Sulla base di tale criterio, è fuori discussione che altri collegi andrebbero chiaramente ridisegnati. Quali? Innanzi tutto il numero 15 (Tropea, Parghelia, Zaccanopoli). Tropea è cittadina costiera per antonomasia. Zaccanopoli, centro con una vocazione agricola, inserito nella comunità montana Monte Poro-Mesima. Un altro esempio di macroscopica violazione di questo secondo criterio è il collegio 2 (Briatico, Cessaniti, Zambrone). Briatico e Zambrone, sono comuni costieri, Cessaniti decisamente no. Ma vi è di più. Zambrone e Cessaniti hanno una storia completamente differente, ab origine diocesi di appartenenza diverse, uffici giudiziari diversi (Zambrone, infatti, sia come Giudice di Pace che Giudice monocratico ricade con la sede distaccata di Tropea; Cessaniti con Vibo Valentia). Fra l’altro, Zambrone non è neanche geograficamente contiguo con Cessaniti. Insomma, in questi due collegi il secondo criterio dell’ «omogeneità strutturale» stabilito dalla circolare non risulta affatto osservato. Qualche approfondimento, infine, merita il terzo criterio che dovrebbe orientare la formazione dei nuovi collegi, quello della contiguità geografica. Quest’ultimo, di per sé solo illusoriamente oggettivo, ha nettamente scavalcato di gran lunga, il secondo, quello della «omogeneità strutturale». A ciò si aggiunga che la «contiguità geografica» è per sua stessa natura il criterio più ambiguo, in quanto può implicare estensioni territoriali in quattro poli: sud, nord, est, ovest. Le decisioni consequenziali si spogliano, pertanto, del loro apparente tecnicismo neutrale e diventano, tout court politiche. Il nocciolo della questione, dunque, non è legato ad alcuni collegi, ma all’impianto generale. Chiedere la riforma di quattro collegi, significherebbe occuparsi solo marginalmente della vicenda. Dall’altra parte della barricata, chiudere a priori la porta a una possibile differente soluzione è indice di scarsa propensione al dialogo che di per sé non prevede soluzioni preconfezionate. La definizione dei collegi è una scelta tecnica con ricadute politiche pregnanti. E proprio per questo, sarebbe importante e positivo ampliare la platea degli interlocutori ed essere disposti anche ad eventuali suggerimenti o richieste di cambiamento. I rischi da scongiurare sono sia la penalizzazione che la sovra rappresentanza delle realtà comunali. Il risultato, sarebbe infatti una delegazione istituzionale incoerente e incongruente, con conseguenze nefande sul piano democratico. Urge un significativo ripensamento, nell’interesse politico generale.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora l’1 febbraio 2011, p. 34