Il convegno
EBREI E CRISTIANI VERSO UN CAMMINO COMUNE
Uno degli insegnamenti del Talmud recita: «Chi salva una vita salva il mondo intero». Un monito profetico contro le dissennate tendenze politiche, culturali e spirituali della società odierna. Paolo di Tarso nella Prima lettera ai Corinzi ha scritto: «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità. Ma di esse la più grande è la carità!». Un Inno all’amore dotato di un’intrinseca e pregnante valenza meta-temporale. Esempi tangibili di come ebrei e cristiani possano incontrarsi in un comune cammino, sulla base di una condivisa esperienza religiosa e non solo. Lo scorso lunedì presso l’Istituto di scienze religiose “San Giuseppe Moscati” di Vibo Valentia, si è celebrata la “Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei”. Soggetto organizzatore, l’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso” retto da don Felice la Rosa. La scelta della data, di per sé, è carica di contenuti. Il 17 gennaio del 2010, infatti, papa Benedetto XVI per la prima volta dall’elezione al Soglio Petrino visitava ufficialmente la Sinagoga della capitale. Un appuntamento destinato ad essere consegnato agli annali della storia. Non soltanto per il suo alto valore simbolico, ma soprattutto per le linee programmatiche e spirituali tracciate dal Sommo Pontefice che hanno registrato positivo accoglimento da parte della comunità ebraica. Il Santo Padre ha specificato i campi di collaborazione tra ebrei e cattolici senza limitarli a un generico umanesimo. Terreno comune d’impegno e testimonianza, il Decalogo: per rispettare il creato, difendere la pace, la giustizia, la dignità della persona e la sacralità della famiglia. L’iniziativa è stata introdotta da don Pasquale Rosano, direttore dell’Istituto di scienze religiose che ha ospitato l’evento. A seguire l’intervento di don Felice La Rosa, il quale, nella sua premessa ha esplicitato i contenuti che animano il dialogo tra cattolici ed ebrei. Don La Rosa si è poi soffermato sul significato del quarto Comandamento nella società odierna ed ha evidenziato come: esso «per la sua dimensione non soltanto pratica ma spirituale può essere di luce e guida sia per ebrei che per tutte le persone di buona volontà». Ha poi relazionato il dottor Roque Pugliese, presidente della Federazione delle comunità ebraiche del Mediterraneo (Calabria e Sicilia). Molti gli argomenti connessi alla Quinta parola (che nella religione ebraica esprime un precetto non dissimile da quello indicato nel quarto Comandamento cristiano) approfonditi dallo studioso. Due le linee guida dell’intervento. In primis di natura strettamente religiosa, sul senso della Quinta parola nell’ebraismo. In secondo luogo, sul rischio di funesti scenari per le sorti dell’umanità, proprio in conseguenza della perdita della dimensione sacra nella quotidianità occidentale e di cui la frequente violazione al precetto della Quinta parola rappresenta un tangibile emblema. In conclusione, il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Luigi Renzo ha indicato nel quarto Comandamento il cardine su cui poggia una corretta dinamica delle relazioni umane nella storia. «Onorare il padre e la madre -ha affermato- è un antidoto efficace contro il dilagante individualismo, fondamentale per recuperare il senso etico della vita». Al termine del dibattito, Roque Pugliese ha citato la Sacra Scrittura in connessione con la Rivelazione del Monte Sinai, quando: «La voce dello Shofar era estremamente forte, e tutto il popolo che era nel campo tremava». Ha poi estratto dalla custodia lo Shofar (un corno d’antilope, lavorato artigianalmente) intonando qualche nota proveniente da un remoto e misterioso passato. E se fosse la musica che annuncia una nuova vita, rivolta al proprio cuore, ai genitori, al prossimo, all’Eterno?
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 10 gennaio 2011, p. 35