il corsivo
OTTIMISMO TUTTO IN SALSA VIBONESE
Il Natale, per certi versi, inasprisce lo spirito. Si vorrebbe uscire prima dall’ufficio e non si può. Per soddisfare l’attesa del regalino da parte di parenti e amici occorre riversarsi sulle strade stracolme di auto in direzione capoluogo o centri commerciali. Il cosiddetto “shopping natalizio” diventa così una corsa indemoniata. Se poi il portafoglio langue e la circostanza nella provincia vibonese è tutt’altro che remota, la ricerca al prodotto sul quale invocare uno “sconticino” si fa spasmodica. In una delle ultime province italiane per reddito pro capite, se la passano malissimo pure i tanto invidiati dipendenti pubblici che vedono evaporare in un nonnulla il surplus stipendiale della tanto attesa tredicesima. Anche le donne indigene avvertono la terribile festività come un momento in cui si scatena l’ipertensione. Cucinare per diecine di fameliche cavallette pronte a sbafare ogni ben di Dio, dai cannelloni alle noci, dall’arrosto di maiale ai mandarini, sarà pure in linea con la tradizione, ma costa tanta fatica, accolta con pietrificati mutismi o attimi di pura isteria. Le donne vibonesi continuano ad essere gli angeli del focolare, ma l’invidia verso le milanesi, che magari avranno trovato anche il tempo per andare dal parrucchiere, è tanta. Accanto a tutto ciò, pargoli che spuntano da ogni dove che tra nonni, zii, babbi natali giunti da ogni donde, scartano milioni di pacchi contenenti regali che, sistematicamente, incontrano non poche difficoltà ad essere collocati in stanzette già di loro stracolme di giocattoli. E poi, il trasporto di tutta quella legna, per alimentare un romanticissimo caminetto, rischia seriamente di causare indesiderate ernie. Dickens non ha molti epigoni nel vibonese. Gli operai sono sempre più tristi, angosciati da una crisi senza fine; di benefattori, nemmeno l’ombra. Insomma, a Vibo e dintorni, il Natale rende ancora più scontenti e arrabbiati, contro la malasorte, contro il Governo nazionale e quello locale. Alla fin fine, nella provincia vibonese a Natale ingrassa soprattutto il qualunquismo. I commercianti sono i più scontenti di tutti: «C’è la crisi e qui si sente particolarmente». Sono scontenti gli avvocati: «Ormai non paga più nessuno, nemmeno gli enti pubblici». Sono scontenti i politici, il refrain della classe dirigente locale è sempre lo stesso: «Non ci sono soldi». Un ritornello per il quale, almeno a Natale, dovrebbe essere disposta una formale moratoria. Insomma, anche nel periodo natalizio, bisogna esercitarsi nell’arte di cui i meridionali sono maestri, quella del tirare a campare. Capodanno, congenitamente legato al santo Natale, porta con sé qualche speranza. Il meccanismo degli «Auguri», con tanto di sorriso somigliante a una paresi facciale, scatta automaticamente non appena si avvista qualcuno che si conosce. La buona educazione, prima di tutto. Ma il primo giorno dell’anno, nel Vibonese, diventa anche l’occasione, da cogliere al volo, per progettare un anno migliore. Modesti ma significativi segnali d’ottimismo non mancano. La stoica attesa familiare della mezzanotte è di per sé una sana abitudine; al pari di quella di andare a letto subito dopo. La partitella a tombola, paradigma dell’anti Facebook, pure. Lo spumante, unico frizzante presente nelle tavole vibonesi, surroga alla meraviglia lo champagne; è buono allo stesso modo, costa molto meno e incentiva la produzione nazionale. Questa piccola provincia che vive ogni momento della sua vita pubblica come un’emergenza necessita, in primis, di una lievitazione di atteggiamenti ottimistici. Nella consapevolezza che non è cosa semplice, perché, ha scritto Arnold Bennett: «Il pessimismo, quando uno ci si abitua, è tanto gradevole quanto l’ottimismo».
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 2 gennaio 2011, p. 30