AVVOCATI, CAMBIA L’ORDINAMENTO
Il Senato approva la riforma. Gli studi “piccoli” destinati alla chiusura?
Piero Calamandrei ha scritto: «L’avvocato vero, quello che dedica tutta la sua vita al patrocinio, muore povero; ricchi diventan soltanto coloro che sotto il titolo di avvocati sono in realtà commercianti o mezzani». Lo scorso 23 novembre il Senato ha approvato il disegno di legge numero 601 sulla riforma dell’ordinamento forense. La notizia ha avuto scarsa eco nella stampa nazionale e nessuna in quella locale. Eppure, se l’iter legislativo sarà definito, le conseguenze sull’avvocatura in generale e su quella locale in particolare saranno a dir poco dirompenti. Alcune delle novità offerte dalla riforma sono le seguenti: a) continuità professionale; b) reintroduzione delle tariffe minime e conseguente divieto del patto lite; c) trasparenza nella specializzazione e formazione permanente. Da una prima sommaria lettura, sembra che il Legislatore si sia mosso sulla base di una visione restauratrice ed economicistica del settore; evidentemente, l’insegnamento di Piero Calamandrei è considerato anacronistico! La “continuità professionale” implicherà la cancellazione dall’albo per tutti quegli avvocati che non saranno in grado di dimostrare, sotto il profilo reddituale, di essere in grado di vivere di sola avvocatura. In virtù di tale disposizione i piccoli avvocati (per capacità reddituale) chiuderanno “bottega”. Rimarranno in piedi solo gli studi affermati. La scelta, francamente, non appare tra le più liberali e moderne! Affidarsi al 730 per vagliare la capacità professionale di un avvocato desta più di qualche peplessità. Ma in virtù di quale ratio, “troppi avvocati” sono un danno per la società? Se la professione forense rimanesse appannaggio esclusivo di pochi eletti, quali benefici ci sarebbero per la collettività e per la giustizia? E’ lecito, al riguardo nutrire qualche dubbio? Si stima che tale norma, a breve, potrebbe implicare la cancellazione di circa cinquanta mila avvocati su scala nazionale. Molti di questi professionisti andranno così a rimpinguare la già folta schiera dei disoccupati. Fra l’altro, stabilire, ai fini della “continuità professionale”, soglie reddituali più basse per i neoiscritti agli albi è un palliativo che non risolve i termini della problematica in esame; semmai, li sposta temporalmente. In tempi di federalismo… auspicabile, comunque, che i minimi reddituali per il mantenimento dell’iscrizione all’albo, siano diversificati da regione in regione. A Vibo Valentia, l’albo degli avvocati è composto da più di ottocento iscritti. Se la soglia reddituale minima (che verrà determinata in una seconda fase) non sarà modesta, per non dire simbolica, i due terzi degli studi saranno condannati alla chiusura. Conseguenza reale: un immediato ulteriore impoverimento sia materiale che culturale della (già per molti versi disastrata) condizione sociale vibonese. Rebus sic stantibus… è più che probabile che gli avvocati che avranno superato anagraficamente gli “anta”, se sprovvisti della prescritta capacità reddituale, si ritroveranno fuori da ogni possibilità di “inventarsi” un nuovo lavoro; gli altri, proveranno a sbarcare il lunario al Nord. Anche la reintroduzione delle tariffe minime e il divieto del patto lite, costituiscono il modo più efficace per garantire chi nel mercato c’è già e ostacolare chi, magari senza referenze, avvia uno studio professionale. Insomma, il rapporto qualità-prezzo, per quanti offrano una prestazione legale, non è un assioma. Le tariffe minime, pertanto, rappresentano per i giovani avvocati un’ulteriore barriera posta nel percorso della loro affermazione. Al di là di ogni facile retorica con tale scelta non si tutela né la qualità del servizio, né il cliente. Il Consiglio nazionale forense ha altresì chiesto e ottenuto, dal Legislatore, forme di trasparenza nella specializzazione, mediante la frequentazione a corsi di aggiornamento o master riconosciuti dal medesimo organismo. Il rischio è di immettersi in una sorta di circolo vizioso che registri gli stessi limiti, già ben noti alla categoria, di cui agli obbligatori corsi di aggiornamento. D’altronde, non è un mistero che la competenza e la professionalità di un avvocato si accompagnino alla scarsa disponibilità di tempo libero, anche per frequentare avanzati corsi di specializzazione. Una buona legge è tale, soprattutto, se incide positivamente sulla cultura di una comunità. I dubbi, a tale proposito, sono ampi; ex plurimis… quelli di Pietro Ichino insigne giuslavorista, dell’Unione dei giovani avvocati e di Antonio Catricalà, presidente dell’autorità garante della concorrenza e del mercato.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 29 novembre 2010, p. 17